martedì 29 settembre 2009

entropia


- Come si chiama?
- Montecristo.
(Basta che funzioni, Woody Allen)

Sane, vigorose, ciniche risate in una commedia che potrebbe farsi benissimo a teatro, ritmo irresistibile quasi perfetto che s'ammoscia brevemente solo nella parentesi romantica, Woody Allen in stato di grazia che sembra Alan Ayckbourn girato da un Resnais un po' fumato, attori azzeccati in una New York mai invadente, happy end che lascia il sorriso stampato a tutta la sala tranne tre vermette probabilmente scandalizzate, e un protagonista – porcocazzo – che nel bene e nel male mi fa pensare che per molti aspetti Boris Yellnikoff c'est moi.

- Ti accendo la tv.
- Ho visto l'abisso.
- Non ti preoccupare, metto qualcos'altro.
(Basta che funzioni, Woody Allen)

P.S.: fuori tempo massimo, nel bdcdP sono arrivate le cicale. Meglio tardi che mai, benvenute a coprire un inutile silenzio, dopo quattro giorni così.

lunedì 28 settembre 2009

aregazzacheggiocavacorfoco
(eddue, che m'addiverto troppo)


Lisbe e Olivierobbeha nun se vedono 'nzieme pe' gnente. D'artra parte lei deve da scappa' perché tutti (ma proprio tutti oh, che tipo dici ma che ppure la mafia russa, la Jacuzzi, la Cia, lo Iò, la Sacracoronunita, l'Opusdè, la Ddigo, er Cachembè? sì, tutti) la 'nzeguono perché se pensano ch'ha ammazzato quer gran fijo de 'na mignotta der tutore suo. E poi tutti a cerca' sto Sala e 'ndo sta 'sto Sala e cchi è 'sto Sala che amme me veniva de dije guardate che giocava ar Toro ma mo' ddo sta nun lo lo sa nisuno che pperò poi me so' stato zitto che magari me menavano che la ggente ar giorno d'oggi nun cià er senso dello iumo manco pe' gnente. Vabbè, com'è come non è, se scopre che Sala è er padre de Lisbe che cià un marcantonio de fijo che te lo meni e lui gnente perché cià 'na malatia che nun sente er dolore. Ma Lisbe cià sempre du' palle che levati, li fa fori tutt'eddue e... e stigranca'. Ma li mortè, come va a fini' se sa solo a pprimavera! Ma che se fa ccosì?

venerdì 25 settembre 2009

scuola pubica


Fa quasi tenerezza, Ennio Ferrara. Il nuovo preside del liceo classico Umberto di Napoli, don Chisciotte partenopeo contro i mulini (bianchi) agitati dal vento che tira, ha deciso che nella sua scuola non ci si veste come bagasce, non si ascolta l'iPod, non si smessaggia, non si esce un attimo a comprare la pizza. E io sottoscrivo tutto. Perché se fossi prof mi scasserebbe notevolmente la uallera chi si fa i cazzi suoi mentre spiego, anche nella malaugurata circostanza che io non ne sia capace. E non ho dubbi neanche sul discorso abbigliamento. No, non sono impazzito, mi piace sempre lasciare gli occhi sul culo e le tette delle ragazzine, il tutto senza neanche il bisogno di sensi di colpa o di peccato per farmelo venire duro. Ma i suddetti teenager dovrebbero capire (e i genitori prima di loro) che se esistono così tanti modi di vestirsi non è solo per far arricchire gli stilisti, e che c'è un tempo per le minigonne inguinali e uno per nu gins e 'na maglietta. Ma forse la colpa è proprio di mamma e papà, quelli vestiti come in un incubo degli Amici di Maria anche a 50 anni, quelli che al supermercato o tacco 12 o tutona in acrilico, quelli che ai matrimoni sembrano usciti da una puntata dei Soprano.

giovedì 24 settembre 2009

è la stampa, bellezza (o almeno credo)


Troppo autoreferenziali. Troppo spazio dedicato ad amici e parenti (una pagina intera per l'affaire Santoro?!). Troppi corsivi. Toni eccessivi. Refusi fastidiosi come foruncoli sul culo. Graficamente un iocu i focu di stili e di font (offresi grafico casalingo, esperienza Xpress, prezzi modici, citofonare Dantès). Ma. Ma c'è il coraggio o l'incoscienza o tutt'e due di fare un giornale tutto da leggere in un Paese dove vige l'analfabetismo di ritorno. Un giornale che perlopiù si acquisterà via internet, in un Paese dove web fa quasi sempre rima con gratis. Un giornale lastricato di buone intenzioni e di ottime firme. Un giornale dove si leggeranno inchieste e fatti altrove ignorati. Un giornale nato ieri. Proprio poco non mi pare.

mercoledì 23 settembre 2009

pittore ti voglio parlare


Mi sono sempre chiesto se fosse vera quella strofa degli Elii: «La gente intorno grida “Evviva Wess”! Due corpi e un'anima fu il suo success, ma dopo lo hanno ostacolato perché era un negro». Io voglio sperare che avesse soltanto fatto il suo tempo e che senza l’altra metà del duo, quella Ghezzi Dori filata in Sardegna con Faber, fosse un po’ fuori target in un’Italia canora dove i neomelodici erano brutte fotocopie di cloni malriusciti di una sottomarca a 45 giri dei Pooh. Gruppuscoli le cui oggi impensabili canzoni di amori adolescenziali (si sa che il sesso è riservato ai maggiorenni, a meno che non ci sia di mezzo papi) iniziavano con i bottoni e finivano su una zip. Insomma, si trombava affossati nel miele. E non è una cosa porca.

sabato 19 settembre 2009

10, 100, 1000 bernardo


Jasmine Trinca è bellissima e perfetta nel ruolo. La Morante non si sa cosa ci faccia lì ma è splendida. Vorrei i denti di Luca Argentero. Scamarcio plays (ed era ora)! Peccato però che ne Il grande sogno manchi l'epos e latiti l'eros. E che la parola privacy, nel '68, in Italia non esistesse. Insomma, avevi ragione tu mia cara (poison): il film di Placido è bello ma asettico. E mi accorgo che ci sono fin troppi film finiti i quali mi chiedo come sarebbero stati se dietro la macchina da presa ci fosse stato Bertolucci.

mercoledì 16 settembre 2009

una tranquilla notte di regime


- Signore?
- Sì?
- Ci siamo. Sono tutti collegati. Sappiamo di gruppi d’ascolto persino nelle Figiccì.
- Ottimo, ci vedono anche all’estero! E con un nome così dev’essere un paese pieno di zoccole.
- Veramente signore... Beh, non importa. In realtà abbiamo un piccolo problema.
- Piccolo?
- Si chiama Dantès.
- Sarà mica un nome!
- Lui non vuole vederla.
- Ma come?
- Sta guardando Distretto di polizia.
- Quella serie comunista col commissario culattone? La fanno ancora?
- Ehm, la trasmettiamo noi.
- Un ottimo prodotto, naturalmente. Ma non avevo intimato che niente disturbasse la mia trasmissione?
- Infatti lui l’ha scaricata da emule.
- Il solito comunista disfattista che non vuole guardare le pubblicità. Arrestatelo per pirateria informatica.
- Dovremmo arrestare almeno un altro migliaio di persone che ha fatto la stessa cosa...
- Corrompetelo.
- Dice che non è corruttibile.
- Cazzate. Ravanate nel suo passato.
- Risulta solo che un tempo si chiamava Piazza delle Erbe.
- Erbe? Drugaàt!
- L’ultima canna risale all’anno scorso, troppo poco per ricattarlo.
- Donne?
- Una, fissa.
- Uomini?
- No.
- Animali?
- Un gatto, ma non risulta ci faccia sesso.
- Mi invidia.
- No.
- Mi odia.
- No.
- Ma allora perché?
- La disprezza.
- Il mio cuore sanguina.
- Credo sia succo di pomodoro.
- Lei è licenziato.

lunedì 14 settembre 2009

dai campi e dalle officine


Il lungo weekend che ha inaugurato i festeggiamenti per i miei primi 40 anni (io – ahimè – in tutto questo tempo ho trombato molto meno di Marina Lante) si è aperto con la falce e chiuso col martello: dal guttusiano Funerale di Togliatti al Mambo di Bologna, guardando il quale parte in automatico il gioco “riconosci più persone famose possibili” o anche, per i più ignoranti, “conta le facce di Lenin”, a Cosmonauta, piccolo amaro divertente film sugli anni Sessanta con una bravissima Claudia Pandolfi, un gigionissimo (pure troppo) Sergio Rubini, un felicemente ritrovato Angelo Orlando e una sconosciuta, perfetta protagonista: Miriana Raschillà. Niente di fondamentale, intendiamoci, ma dice più di quel che sembra. E poi, soprattutto, è il trionfo dell'ottimismo, perché a rivedere i filmati di repertorio sulle missioni spaziali russe non si può che trarre una conclusione: se con quell'attrezzatura lì i sovietici sono riusciti ad andare nello spazio, allora tutto, davvero tutto, è possibile. Anche, per dire, scoprire dopo tre giorni di amore, cibo, regali, sesso (non necessariamente in quest'ordine), che quello lì è morto, sparito, dimenticato insieme a tutta la sua truppa di fascisti e di mignotte. Macché. E poi ti chiedi perché è fallito il comunismo.

giovedì 10 settembre 2009

my only friend, the end


Sera, interno borghese, qualche mese fa. Una lunga tavola apparecchiata in penombra. In scena, due anziani signori eleganti. Nell'aria, odore di cavolo, dopobarba, flatulenze. Mentre sfuma la musica, M., il più vecchio, avanza verso P.

P.: (sorridendo) Benvenuto!
M.: (poco convinto) Ueilà presidente.
(si abbracciano come due che hanno paura di scoprirsi gay)
P.: Accomodati, il porrigg arriva a momenti.
M.: (sedendosi) Pòrij?
P.: Sì, sai, fa parte della dieta. Vedrai, cribbio, che autunno li aspetta.
(entra il cameriere e serve un minestrone. M. lo assaggia)
M.: (fingendo entusiasmo) Buono, come fatto dalle nostre nonne!
P.: La tua lavorava alla Findus? Grande Michele, sei sempre stato più avanti di tutti!
M.: Ok, senti, lo sai che siamo amici e... oh insomma c'ero anch'io su quella cassetta d'acqua insieme a te quel giorno! Da quando per parlarti ti si deve pregare?
P.: Da sempre, più o meno sono Dio.
M.: Non si scherza su queste cose, Gesubambino ti punisce!
P.: (la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni) Ah. Beh, proprio perché siamo amici saprai che sono stato molto impegnato. Insomma Bettino non me l'aveva raccontata fino in fondo!
M.: Ma come, e le monetine non te le ricordi?
P.: (sembra riflettere) No, solo le banconote. Comunque, dicevo, è un continuo: e la mafia e la P2 e Mills e il conflitto d'interessi e le puttane... Che poi sembra che gli importi solo quello. Dici che ne hanno viste troppe e toccate poche? Forse con la tv interattiva...
M.: ...
P.: Ma te la ricordi quella riccia col culo che... No, aspetta, era quell'altra. Uh la memoria! Io dico le cose e un momento dopo... Cos'è che stavo dicendo?
M.: La signorina col fondoschiena...
P.: Io? Ma che ti ci metti pure tu?
M.: Va beh, senti, mi hai invitato e sono venuto. Ora...
P.: D'altra parte, anche tu con quell'australiano comunista. Che ci avrà? Ma poi, gli australiani non erano neozelandesi? Sì insomma, chel lì l'è minga negher! Per me è strano.
M.: Guarda che Rupert...
P.: Rupert? A me ci hai messo anni prima di chiamarmi per nome!
M.: Ma non te la prendere! Lui è solo un po'... un po' più iisi.
P.: Ecco, lo sapevo, è pure culattone. E tu, dai, hai un'età, cribbio!
M.: Ma cosa stai dicendo?
P.: Certo! E, a proposito di età, dovresti pensarci seriamente.
M.: A che?
P.: Un posto nel mio mausoleo. Ce n'è, sai, uh se ce n'è!
M.: (la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni) Si è fatto tardi, scusa, devo tornare a casa. (esce)
P.: Vai, vai, abbandonami anche tu, ingrato come tutti gli altri. (suona un campanello) Ambroeus, voglio restare solo. Fai entrare le troie.

(sipario)

martedì 8 settembre 2009

il vecchio e il bambino


È andato anche Benjamin Button. Massì, vecchio quand'era giovane, incredibilmente bambino prima di morire. Dopo gli esordi da saccente secchione ammericano, divenne l'ingenuo bacchettone moralista imbarazzante nelle sue papere (se erano costruite, facevano ridere come le barzellette del ducetto), per poi perdersi fuori sincrono con i suoi giochi ormai instupiditi - ma sempre comunque figli di un'Italia che non c'era più - nella tv di un altro vecchio che (ahimè ancora vivo) si crede irrimediabilmente anche lui ragazzino. E poi gli ultimi, meravigliosi fuochi, da spudorato monello fiondamunito appresso a quell'altro matto di Fiorello. Stasera non voglio ricordare il «poverino» all'indirizzo di Pierangelo Bertoli, né lo spottone buonista per giustificare un Vasco Rossi strafatto, né la mancanza di rispetto nei confronti della Sacra Goggi. Mi piace però pensare che a tutti sia data una seppur breve fase di gioventù. Presto o tardi, poco importa.

lunedì 7 settembre 2009

prickocracy


Più di Corona che si profuma come una battona e che apprezza di essere stato truffato dallo psiconano. Più di Lelemora che gioca a fare il decadente ma è solo un fascistone che ama circondarsi di manzi meglio se truzzi. Più delle riprese lente, volutamente prive di ritmi e di tagli, quasi “pornografiche”, sul volto inespressivo dello psiconano, sempre più simile alle caricature di Vauro. Più di tutto questo, quello che colpisce di Videocracy è il vero protagonista. Ricky ha 26 anni, parla come il signor Rezzonico, non vuole più fare l’operaio (e come dargli torto?), sogna di diventare il Van Damme italiano e canta le canzoni di Ricky Martin (sic): in pratica non ha nessuna chance, ma vuole sfondare in tv. Ogni tanto “fa il pubblico”, per il resto vive con la madre che gli sorveglia le morose e lo fa sentire in colpa. Uno dei venti provini che fa è per X Factor: disastroso. Finisce così tra i “geni incompresi”, ovvero in tv sì, ma preso impietosamente per il culo. Lui, però, è contento. E la sua parabola racconta quest’Italia mille volte meglio di un Corona che si impomata il pisello davanti allo specchio.

mercoledì 2 settembre 2009

drfm


«Ti ricordi di quella volta che mi hai raccontato di avere trovato una dedica in un libro di seconda mano? (certo che me lo ricordo, è stato mille anni fa, il libro era Croniche epafaniche di Guccini, la dedica era di un padre al figlio, non lo comprai per una sorta di pudore) Beh, mi è appena capitata la stessa cosa e ti ho subito chiamato per dirtelo (e poi c’è gente che non capisce come la nostra amicizia sia sopravvissuta alla fine del nostro amore)»