sabato 30 gennaio 2010

ricchi premi e cotillons


Domandona quiz: che cosa manca in Avatar?

- Bravo Elio, bravo Fogli, bravi Chieftains, bravi tutti, bello il budello, ecc.,
belle le sonorità molto intense, come l'altra volta, mi piace.
Sai cosa non m'è piaciuto? Posso dirtelo?
- Dimmi, dimmi.
- Il finale del vitello.
(Il vitello dai piedi di balsa reprise, Elio e le Storie Tese con Claudio Bisio)

giovedì 28 gennaio 2010

10 04:33


Me la ricordo sì, quella serata bolognese. Io, mio fratello, i suoi amici più grandi, la prima volta a un concerto, i miei 16 anni. Cosa ci fossimo inventati perché i miei mi lasciassero andare, non lo so più. Forse c'è una foto: vestita anni Settanta fuori tempo massimo, capelli lunghi e lisci con la scrima in mezzo, tremenda. Come mi sentivo? Brutta. Inadeguata. Ah se il Principe era bello, invece! Dalla no, con tutto quel sudore sui peli metteva quasi paura, l’inquietudine smorzava un po' solo quando attaccava Anna e Marco o suonava il clarinetto. E poi c’era lui, lì: a dividerci tre metri e cinque o sei persone. Mi fissava, mi fissava e sorrideva. Occhi neri, sguardo sicuro, un poco stronzo, sotto sopracciglia folte. Denti tanti, bianchissimi. E alto. Alto più di mio fratello, che già era una spanna su tutti. Guardavano tutti il palco, io mi avvicinai piano. Gli afrori da stadio a un tratto non c'erano più: via il sudore, via i profumi da due lire, via le canne. Il Principe iniziò con i ringraziamenti, lui iniziò ad accarezzarmi. Camminammo per non so dove, tornammo fra le cartacce e le bottiglie vuote. Mesi dopo scoprii che mio fratello mi aveva cercato a lungo. E cercato così forte da finire in un disco dal vivo. Non gli ho mai raccontato nulla, lui non mi ha mai chiesto. Io, mi chiamo Mariapia.


martedì 26 gennaio 2010

ghost in the spell


- Siamo ancora una famiglia?
- Certo, tua madre è a pezzi e tuo padre è disperato.
- E tu chi saresti?
- Io sono il capo.
(Amabili resti, Peter Jackson)

Il rischio era enorme. Dopo i danni irreparabili procurati dalla coppia Swayze-Demi Moore, era davvero temerario pensare di fare un film di fantasmi – e non de paura – che parlasse di sentimenti senza sentimentalismi. Ma Peter Jackson è Peter Jackson, mica un Jerry Zucker qualsiasi. L’ambientazione anni Settanta non è mai banale, la terra di mezzo in cui si aggira Saoirse Ronan (perfetta nel ruolo della protagonista) è fantasmagorica, Stanley Tucci è davvero inquietante come serial killer anche (o forse proprio) quando somiglia a Massimo Lopez, Susan Sarandon completa una terna che non sfigurerebbe agli Oscar. Varrà la pena leggere il libro?



(vedere Amabili resti con tre settimane d’anticipo sull’uscita italiana,
seduto a pochi metri da Zeudi Araya incredibile cinquantanovenne,
è stata la ciliegina su una splendida torta durata tre giorni)

lunedì 25 gennaio 2010

vieni a comprare in puglia


Strana regione, strana città, sospese tra la voglia di nuovo e figuri degni della fantozziana «alta aristocrazia borghese». Ascolto l’appendice del comizio di Vendola in un teatro felicemente ritrovato, prima che parta un festival del cinema cazzuto il cui futuro appare legato però a un filo sottile, quello elettorale. I suoi due rivali (tempo una notte di primarie, ne resterà uno solo) hanno facce da apparato, da politburo, da circoli della libertà. Chiederei a tutti e tre cosa pensano di un manifesto che appesta la città. È di due negozi d’abbigliamento e a caratteri cubitali annuncia «No alle chiusure domenicali, una battaglia a favore dei consumatori, delle famiglie, dei posti di lavoro. Una scelta di libertà». Voterei il primo che propone di pisciarci contro.

mercoledì 20 gennaio 2010

men at work


Ok, prima di indire una riunione ti chiede se sarai in ufficio. Ok, se deve affidarti qualcosa di urgente non la prende alla lontana. Ok, ti coinvolge anche nei passaggi in cui di solito vieni “saltato” perché tanto per te sarebbero questioni secondarie (?). Ma il massimo dei punti l’ha guadagnato oggi quando gli ho visto staccare il filo del telefono per srotolarlo come faccio sempre anch’io. Aiuto, il mio nuovo capo forse mi somiglia.

lunedì 18 gennaio 2010

cry baby


La testa fa strani scherzi. Per anni eviti di ascoltare Tracce di te perché sai bene che ti fa star male. Poi, una sera, come niente decidi di andare a vedere un film la cui trama ti farà lo stesso effetto ma tu, chissà com'è, hai pensato a tutto tranne che a quello. Il tempo che si spengano le luci e dici cazzo! Perché caratterialmente non c'entra nulla, ma la Sandrelli de La prima cosa bella somiglia stramaledettamente a tua madre e ai suoi ultimi giorni. E piangi. Piange anche la tua collega incontrata per caso lì, così puoi anche smettere di vergognarti. Il film? Bello. Bello per come arriva al cuore senza sentimentalismi. E gli attori, tutti, sono perfetti. A casa ripensi a Marco Risi truccato da suo padre Dino, al cameo di Bobo Rondelli, a quanto il bambino abbia le stesse identiche smorfie di Mastandrea, canticchi quelle canzoni che sono patrimonio di tuo fratello ma che tu, a furia di rigare 45 giri, hai imparato più di trent'anni fa. Ma sono attimi. Attimi in una commozione che parla d'altro.

sabato 16 gennaio 2010

pochissimi i canguri


Ci sono cose per le quali bisognerebbe avere pudore. Tipo, io non mi sognerei mai di sindacare sulle scelte di un astrofisico, è proprio qualcosa che non mi compete e che non capisco. Quindi perché mai il deputato della lega nord paolo grimoldi (scusate la volgarità) dovrebbe poter dire la sua sull'istruzione nel nostro Paese? Capita che a Usmate, pochi passi dal bdcdB (non mi faccio mancare i posti migliori d'Italia, io!), una maestra abbia letto a bambini di nove anni un passo de Il diario di Anna Frank in cui, fra le altre cose, la dodicenne «descrive in modo minuzioso e approfondito le proprie parti intime» (così denuncia il grimoldi, cosa che se non finissi in tribunale mi farebbe pensare che sotto sotto al leghista è venuto duro). Io ho letto quel libro. Tutti dovremmo leggerlo. A nove anni cogli alcune cose, a tredici ti rompe i coglioni, a venti ti commuove, a trenta fai finta di averlo letto, a quaranta lo regali, e via dicendo. Insomma fa la vita dei libri veri che raccontano storie importanti. In questo caso, una storia importante vera. E anche se vera non fosse, come ogni tanto salta fuori, sarebbe da leggere lo stesso. Inutile spiegare al grimoldi (ops, scusate di nuovo) che i suoi figli, di qualsiasi età, grazie a internet possono accedere come niente ad accoppiamenti tra cavalli e suini, e che criminalizzare il sesso nelle sue forme più elementari, vere, sane, serve solo a creare altri segaioli impotenti come lui (occazzo, ormai l'ho scritto). I bambini a nove anni (altro che dodici), vivaddio si toccano proprio come ti toccavi tu, caro il mio leghista del cazzo. E un'educazione sessuale senza pippe cattoliche e sensi di colpa rende i bambini uomini felici, appagati, liberi.

P.S. il titolo fa riferimento a un vecchio libro di Aldo Busi e nasce per un post che avrebbe dovuto parlare d'altro. Una cosa del tipo: buon compleanno di blog a me che sono andato via da libero dopo essere stato censurato per avere esposto un cazzo e che, a un anno di distanza, stavolta per amore di cronaca, mi sono ritrovato a esporne un altro, più sobrio, più ridotto, ma pur sempre un cazzo. Dite che ho scritto troppe volte grimoldi?

giovedì 14 gennaio 2010

quasi come platone
(ovvero dell’immortalità del cazzo)


A me questa cosa che la burla di quella gran faccia di tolla di Steve McQueen si perpetui a distanza di decenni a causa di una semplice distrazione mi fa incontrollabilmente scompisciare da stamattina.



P.S. serale: con quell'aria da signore elegante d'altri tempi, a me De Bortoli sta pure simpatico. E poi ha sdoganato Il Sole 24 Ore e gestisce il Corrierone dei Grandi con buone capacità (magari Panebianco però si potrebbe pure pensionare...). È per questo che gli chiedo (chissà mai passasse da queste parti): potrebbe spiegarmi cosa c'è di inaccettabilmente volgare in un gesto puramente goliardico di quarant'anni fa? A lei che, per diritto-dovere di cronaca, è costretto a mettere ogni giorno in prima pagina così tante facce di merda, quel pisello, moscio per quanto sia, non appare come una gioia per gli occhi?

mercoledì 13 gennaio 2010

perle di cartone


- C'è un medico qui tra voi? Nessuno è un medico?
- Io sono un medico.
- Davvero?
- Lo ero, quando stavo in Guatemala. Sono venuto qui per fare
una vita migliore. Idea geniale, vero?
(Piovono polpette, Phil Lord e Chris Miller)

lunedì 11 gennaio 2010

la mia amica merilìn

(Interno toscano. Squilla un telefono)
- Pronti!
- Good morning, I am Ken Loach.
- O Ceccherini, bischero, t'ho riconosciuto. Chettuvvoi?
- I don't understand. Or, maybe, you don't understand. I am Ken Loach.
- Kellòcc? Quello per dire di quei filme cogli operai che 'un s'incula nessuno?
- Okay, cercherò di parlare italiano, right?
- E sarà anche di molto meglio. Ma che sei proprio Kellòcc?
- Yes, porky Warwickshire!
- Eh?
- Aaah, forget it! Tu preso my pretty movie e fatto piccola copia di merda.
- 'Un capisco.
- 'Un capisco 'un capisco... Listen, little kind of Francesco Nuti after Ludovico tecnique! Cosa parla tuo ultimo film?
- Ah beh... c'è uno sfigato con un nome molto finto.
- Nel mio è l'attore che ha un nome molto finto. Poi?
- Ha un gruppo di amici altrettanto sfigati.
- Idem.
- La moglie l'ha mollato e ha figli che meglio sterili che falli.
- Idem.
- Un bel giorno gli appare un su' mito che gli dà consigli pe' rinconquistalla.
- Idem. Well, questa conversazione è stata registrata. See you in tribunale, Pierakkioni.

 - Tuo padre. Eravate molto vicini?
 - Beh, una volta mi si è seduto sopra per sbaglio.
(Il mio amico Eric, Ken Loach)

domenica 10 gennaio 2010

i conti tornano


Rieccomi. Di cose da dire, oltre Istanbul e ancora su Istanbul, ce ne sarebbero tante: le seminerò pazientemente in altri post. Il bdcdP sta ancora qui, vagamente imbiancato segno che m'è andata di culo con i viaggi di ritorno, tanto che per consolarmi mi sono goduto un bollito misto da Beppe (è ufficiale: la cognà è la più grande invenzione dopo il bagnet vert, la ruota e l'amaca). Il computer si sta sbrinando reduce da una pericolosa condensa, il soffitto ha più funghi di un bosco, il silenzio regna sovrano. Rivedere in questi ultimi giorni la mia città natale da turista, con gli occhi della donna che giorno dopo giorno mi appare sempre più importante, è stata un'esperienza notevole. Viverle accanto per tre densissime settimane, lo è stato ancora di più. Adesso shhhh... domani si riprende a cazzeggiare di psiconani, di film e di altre sciocchezze.

P.S.: la foto non è mia, è tratta da un bellissimo spettacolo di Peter Brook.
E mica cazzi.


giovedì 7 gennaio 2010

cose turche/3


Un venditore ambulante di giocattoli che canta spaidermén spaidermén spaider spaidermén sulle note di Jingle bells. I negozi di moda finto italiana intorno al nostro albergo. Un chilo e quattro di pesce da dividere in due sotto il ponte di Galata. Togli le scarpe-metti le scarpe-togli le scarpe. Un tram ogni due minuti. La voce sexy che annuncia l'arrivo a Gülhane. Burqa e minigonne inguinali. Tony Manero (quello del film cileno, cara Poison) vive qui, ha un piccolo ristorante e pensa di essere Al Pacino. La gentilezza, la disponibilità, anche nei quartieri ritenuti pericolosi, basta non parlare di sinagoghe. Per il traghetto? Secundu scalo. Damla su: esortazione sessuale o acqua gassata? Ignorare i giudizi della guida Lonely Planet (ma che città avrà visitato Virginia Maxwell?).



Ma il signor Lavazza lo sa? © Montecristo 2009

lunedì 4 gennaio 2010

cose turche/2


Uno dei motivi per cui la Turchia non riesce a entrare nella comunità europea è la poca libertà di espressione. Poi c'è un tizio, tale Aydin Dogan, che è proprietario di otto giornali, due reti televisive, controlla circa il 50% delle entrate pubblicitarie nazionali e l'80% dei canali di distribuzione, ha interessi nei settori bancario e turistico, nell'industria elettrica e nelle catene dei distributori di benzina. Inoltre, una legge del 2002 permette a società come la sua di aggiudicarsi contratti governativi e acquistare quote delle principali aziende statali destinate alla privatizzazione. Mica come qui, insomma.