giovedì 27 maggio 2010

partire è un po’ futtirisinni


È tempo. Quel che mi ruga un po’ è che lì non si possa stare serenamente con il pisello al vento, ma me ne farò una ragione. Tornerò spingitore o porterò in dono un falcone? Chissà. Scrivete, scrivete, scrivete, tanto non ho il computer. Ci si ritrova tra una settimana!


«Sesso, sole, mare: non ne posso più di questa vita!»
(anonimo filmaccio balneare americano visto anni fa su Italia1.
Io e la DRFM, su questa battuta recitata (?) seriamente, ridemmo ore e ore e ore)

mercoledì 26 maggio 2010

contro il matrimonio


Ebbene sì. Il mio alter ego su FB fa parte del Popolo Viola e di Informare per Resistere. Ora, chi mi conosce (ma chi mi conosce?) sa quanto mi stanno sul cazzo i grillini e quanto Grillo e dintorni mi sembrino delle occasioni fuggite e perse, treni che sembrava portassero in un posto migliore ma stanno ancora parcheggiati in stazione California dreamin'. Eppure trovo che sia estremamente interessante seguire i loro discorsi sul web. Ed è impressionante come in tanti siano cascati con tutte le scarpe in questo divertente esercizio di stile. Perché finché ci sarà qualcuno così ingenuo, al cafone vincerà. Sempre. Finché – forse – (sua) morte non ci separi.

martedì 25 maggio 2010

di-manche


Da quanto siete aperti? Quattro giorni. Possiamo darci del tu? Certo. Metto su la musica? Volume alto, come non detto. Ritenti? Ritento. Piuttosto che il Buddha Bar va bene la pistola del registratore di cassa, non lo dico ma si sente. Le mani scorrono insieme al fluido caldo. Non guardo, anche perché da questa posizione non gliela fò. Relax, don't do it. E figuriamoci, effetto bambola anche quando è lì a pastrugnarmi vicino al culo. Rilassamento. Tanto. E chi ha voglia di affrontare lenzuola, vigili, ambientalisti della domenica? Azz, già finito?
•••
Profumo come una zoccola ma non posso ancora fare la doccia. Beppe? Beppe. Bambini più o meno tranquilli, sotto al pergolato tutto pieno, il tavolo con vista è il massimo che mi è concesso. Di fronte, inglesi, credo. Di lato, un ex culturista che ha più tette di pamelaenderson, un nipote che scaca una nonna (come starà mia zia? passata la febbre?), una nonna che avrebbe solo bisogno di qualcuno che le parli come a una donna qualunque, un nonno che si diverte col patron, quasi nessuno che vorrebbe essere dove sta (e bagnasco pensa a far far figli, tanto lui non li fa). Beppe recita la sua vita, hai detto. E io che posso dire di più? Pusacafè.

domenica 23 maggio 2010

pensavo fossi un vitello, invece ero una prefica


Non sapevo bene cosa aspettarmi da La nostra vita. Luchetti in passato ha fatto cose molto buone, ma già Mio fratello è figlio unico mi aveva lasciato un po' così. Inoltre l'uso così spudorato, in un trailer un po' truffaldino, di una canzone così “pericolosa” come Anima fragile faceva prevedere possibili cadute di stile. E invece, posto che il film soffre di alcune pecche, soprattutto una parte finale incomprensibilmente accelerata, e che nei dialoghi si alternino autentiche perle a un po' di bigiotteria, è indiscutibile (per me) che: Elio Germano sia perfetto come al solito (premio a Cannes strameritato), Raul Bova sia una autentica rivelazione (giuro!), la canzone di Vasco caschi a fagiolo senza sbavature e, soprattutto la prima parte, a tratti sembri una sorta di documentario, un «cosa siamo, cosa siamo diventati» che non giudica, non moralizza, mostra e basta. Come un porno, o una puntata di Quark ambientata all'Osciàn.

mercoledì 19 maggio 2010

ma anche


Questo post doveva intitolarsi
facciamo due conti io e te signora
a proposito di quanto costerà a un'azienda (azienda? scusate, rido) piuttosto grassottella e non proprio in salute, l'abbandono di uno dei suoi migliori protagonisti.
In alternativa, il titolo poteva essere
la mafia? (sull'elenco) non ci risulta
a proposito di quanto una vecchia megera fascista l'abbia fatta fuori dal vaso a proposito di mafia e intercettazioni. Borsellino si rivolta nella tomba da mò.
E invece. E invece fanculo, il post di oggi si intitola
boris vian l'ho scoperto io
e si pronuncia con un tono un po' baudesco. Per dire che nel 2008 ho regalato a mezzo mondo amicale un romanzo che per me è bellissimo, La schiuma dei giorni. E al Salone del Libro 2010, dove ho fatto un bel tot di acquisti compreso il nuovo Lethem con autografo, ho scoperto che quest'anno è l'anno di Vian: almeno tre editori e titoli come se piovesse. Devo cambiare mestiere? Io lo dico da mò.

martedì 18 maggio 2010

le capitaine est un brave homme


Domenica sera leggevo svogliatamente le cronache sportive cercando di riappassionarmi a qualcosa che non mi appartiene più da tempo. Solo una decina di anni fa mi sarei commosso, emozionato, avrei festeggiato. Ma una serie di cose mi hanno scippato questo piacere: le truffe ancora non appalesate eppure così sotto gli occhi di tutti, l’incapacità gestionale di una squadra di mondiali cacasotto (la faccia di Ronaldo che entra in campo il 5 maggio è indimenticabile), la criminale idiozia degli ultrà con la connivenza di tanti, troppi presidenti. Posto che amo Mourinho, quest’anno Ranieri mi piaceva: partito che non se l’inculava nessuno, e capace di grandi rimonte fino all’impossibile quasi parità in classifica con l’Inter. Ma c’è un ma: “brava persona” per antonomasia, l’allenatore della Roma ha voluto onorare fino in fondo quest’appellativo che da sempre è anticamera di “testa di minchia”. Perché confondere in buona fede il teppismo con la goliardia, o pretendere che quest’ultima sia di buon gusto, è proprio da pirla.

lunedì 17 maggio 2010

la visione (della fica da vicino)


La Fiera del Libro di Torino è tornata ad essere Salone. Posto che le parole sono importanti, lo sono però anche i personaggi che le pronunciano. Così l’idea iniziale del post era chiedersi cosa ci facessero lì Antonella Clerici, Giacobbo e Paolo Brosio, perché in Romania traducono Moccia, chi ha chiesto a Valerio Scanu di scrivere un’autobiografia, in base a cosa Faletti è più competente di Bonolis in fatto di memoria televisiva, e perché gli stand istituzionali, anche alla sagra della mortazza, comprendano tutti i corpi armati possibili, inclusi i carabinieri in versione Csi con tanto di finta scena del crimine. Ma tutto ciò è passato in secondo piano quando mi sono accorto che se l’argomento ufficiale di quest’anno era la memoria, la sottotraccia era inequivocabilmente la fica. Chi mi legge sa quanto mi piaccia e quanto rifugga ogni moralismo, ma sono sempre convinto che ci sia tempo e luogo per ogni cosa. Tutto questo tripudio di tette scollate e/o siliconate agli stand, i vestiti inguinali della Telecom, le ragazzette in shorts per pubblicizzare salcazzo, così in sintonia con la morte della nostra civiltà, mi sono apparsi di una inutilità e una volgarità devastanti, né più né meno di una visita di Al Cafone.

giovedì 13 maggio 2010

lisbeth si è fermata ad arcore


È ufficiale, non riusciamo a farci i cazzi nostri. Ma come si fa a non seguire con lo sguardo quello stivaletto da Peter Pan dark cui è stato intimato di scendere dalla spalliera già due volte da un controllore frustratannoiato? Dalla nostra angolazione non riusciamo a capire se sia maschio o femmina, fiore o frutto, ma a un tratto squilla il telefono, si sposta in avanti, parla: è una ragazza. Parla soprattutto lei, ma si capisce che dall’altra parte c’è la persona che ha appena salutato a Milano. Quella che dovrà aspettare, che dovrà capirla, perché stasera non era la sera giusta. La durezza dei lineamenti si scioglie piano, al ritmo spampanato del tulipano rigirato tra le mani. La felicità oggi no, domani forse, ma dopodomani…

lunedì 10 maggio 2010

ti amo (anche se non conosci il punt e mes)


Due giorni e mezzo? Soltanto? No, dai, era venerdì, poi sabato… beh sì, era già sabato in realtà. E c’era pioggia ma anche no, e noi che sembrava una vita e invece quasi. Ah, e c’è stato un compleanno e un po’ troppa gente intorno e un concerto che non so se ero più emozionato per il Principe o perché eravamo lì insieme. E Goya e Schiele e Kubrick divorati fino a sera per poi scommettere dentro un pezzo di Toscana milanese quale delle coppie intorno sarebbe tornata a casa a scopare (ah, sicuramente la modella gnocca e il baffuto che sembrava uscito da un porno tedesco, il cazzaro tv non saprei). E poi un aereo ancora, ché un aereo c’è sempre, comunque. Ma, su tutto, il nostro amore adolescente, quello che non basta mai, più o meno in silenzio, tra le risate e il cigolio delle reti. Uh, se non ti chiamo cancelliera vieni lo stesso?

giovedì 6 maggio 2010

bambo talks


Abitiamo più o meno uno di fronte all’altro. Ha sì e no 25 anni, la barba, gli occhiali e gli stessi vestiti buoni per ogni stagione. Quando lo incrocio mugugna di timidezza qualcosa tipo buongiorno. Che lavoro faccia è un mistero: ha l’aria dell’informatico ma forse arrotonda come serial killer del pomeriggio, visto che esce sempre quando io torno per pranzo. Da tempo l’ho battezzato il ragazzo più vecchio del mondo. Mai sentito parlare, almeno fino a ieri, quando l’ho incrociato nella salumeria buona del bdcdP: spesona di galuperie fra le quali stonava un anonimo olandese da supermercato che lì, giustamente, costa il doppio. E parlava. Parlava come ti aspetti che faccia il ragazzo più vecchio del mondo. Con l’umorismo preistorico di chi è nato da genitori già negli anta, la cultura spicciola, onnivora e approssimativa di chi si interessa a tutto senza amare niente, la galanteria di uno che non è mai stato baciato. Struggente, imbarazzante, fuori sincrono con il mondo.

mercoledì 5 maggio 2010

bringing it all back home


Ricordo il pomeriggio in cui vidi Happiness. Giugno milanese, rassegna del meglio di Cannes, annata eccellente. Fu una folgorazione. E mi aspettavo tanto, forse troppo da questo seguito. Così sono molto curioso di sapere cosa ne pensa chi ha visto Life during wartime (o Perdona e dimentica, il titolo italiano per una volta non è strampalato perché riprende il leit motiv del film) e si è perso il precedente. Perché in questa strana radiografia americana c’è la solita miscela alla Solondz, tra dialoghi surreali e molto divertenti, domande pesanti come macigni, bambine imbottite di Xanax e un 11 settembre che salta fuori persino se si parla di pedofilia, ma è come se mancasse qualcosa, un'alchimia felice che rende, ad oggi, Happiness il film più compiuto del regista. E perché i nuovi attori (tutti diversi rispetto al primo film) non bucano, tranne forse Ally Sheedy che è sempre bello sapere che è ancora viva e lotta insieme a noi. Impari il confronto tra Phillip Seymour Hoffman e Paul Reubens; a proposito, quest'ultimo tornerà a indossare i panni di Pee-Wee: io, nonostante l'idiozia della cosa, sono quasi contento per lui.

martedì 4 maggio 2010

indie per cui


Qual è il ruolo della musica? Ci pensavo in questi giorni leggendo un paio di post della Bionda. Non ho saputo rispondermi, né – ho capito – m’interessa una risposta. O forse, se risposta c’è, è annidata fra le 6464 tracce del mio ipod. Comunque pensavo alla questione anche durante la visione de I gatti persiani, che è un film iraniano. Ma ecco che vi sento drizzare i peli: che c’entra l’Iran con la musica? C’entra sì, tesori cari. Il film di Bahman Ghobadi è una strana creatura: è fiction ma è anche quasi un documentario musicale. Perché tutti i gruppi che vi recitano sono band vere, una piccola rappresentativa di un universo sterminato. Ognuna col suo stile (ce n’è per tutti i gusti), le sue esperienze, i suoi sogni, il suo tentativo di sopravvivere alla repressione di regime, e ognuna con il suo video, la sua canzone e la sua visione del Paese in cui vive (ma perché cazzo nella versione italiana è stato sottotitolato solo il rap?). E se il finale lascia un po’ perplessi, per il resto non ci si annoia mai.

domenica 2 maggio 2010

l'amore ai tempi del lavoro


C'è talmente tanto, dentro Cosa voglio di più, che non so da che parte cominciare. Forse dalla bellezza e dalla pulizia della scena finale. O di quando, tornato a casa, hai quasi voglia di una doccia che ti liberi dalla sensazione di essere stato addosso ai protagonisti, tutti. O dalla credibilità degli attori. O da come tutto si svolga a Milano ma potrebbe essere ovunque, ché tanto la città del film è un luogo di non-luoghi, dal finto parco giochi al finto pub messicano, dal motel al super (dio! la spesa al super che sta chiudendo è più o meno galera di quella serranda sempre serrata fino in fondo prima di dormire?). Per non parlare di Battiston che ricorda l'obeso di Gaber. E di quanto la pigrizia e le convenzioni uccidano le passioni, né più né meno della mancanza di soldi.


C'entra e non c'entra, ma a me quest'articolo è piaciuto tanto.