giovedì 20 dicembre 2012

pensavo fosse una pippa invece era una sega


Dopo tanto parlare di Darren Aronofsky da poison, ho pensato che fosse necessario vedere Requiem for a dream. Abbandonato dalla ms, in trasferta per cena natalizia tra colleghi, ho recuperato il file vecchio come il cucco, avviato vlc e... cazzo, un porno! Ma non uno di quei porno yeppayè: una di quelle cose dove, a parte il fatto che sono tutte così fiche da sembrare finte, non succede niente che non si svolga sotto le lenzuola della maggior parte del mondo. Insomma, io con quelle robe lì mi annoio. E allora, trovato un nuovo e più attendibile torrente, ho ripiegato su The fountain (chiamato in italiano – una volta tanto mica così a cazzo – L'albero della vita), sempre del medesimo regista. Dopo otto minuti mi sono detto che ero troppo poco bisex perché mi bastasse la presenza di Hugh Jackman. Intorno a metà mi sono detto che il film prendeva una piega niente male, a prescindere dalla gnocchezza di Rachel Weisz, che peraltro qui somiglia per certi versi a una tizia coi capelli corti che conosciamo sia io che la poison. Alla fine, sono rimasto così. Sì, così, presente? Per farla corta, per farla breve, mio caro oste portace da beve: troppo niueigg per i miei gusti. Tant'è che mi sono fatto due whisky. E poi, dai, manipolare la Storia così, giocare con i Maya e l'inquisizione, l'ho trovata proprio una cosa sgradevole. Ah, last but not least, se nella vostra vita avete avuto la disgrazia di incrociare un tumore, anche conto terzi, tenetevi alla larga dalla visione. Urtum in fundum (cit.), Aronofsky ci ha i problemi. Ma seri. Cattolici, I presume.


mercoledì 19 dicembre 2012

io e caterino


Stavo pensando a quale film visto al tff dedicare questo post, poi parlando di Aronofsky a casa poison, mentre si disquisiva di concetti alti tipo quant’è gnocca Mila Kunis, mi è venuta in mente Liv Tyler. Ora, ve la ricordate in Io ballo da sola? O nel video di Crazy con Alicia Silverstone? Ecco. L’ho rivista proprio a Torino (cioè nel film, non in realtà, vabbè insomma ci siamo capiti) e la mia espressione è stata un po’ tipo mah... È vero, la parte che ha in Robot & Frank non aiuta, è la figlia petulante e assillante del protagonista e in più sembra uscita da Il potere dei più buoni di Gaber, però non mi pare che stia invecchiando (maturando?) benissimo. Cosa che non si può certo dire di quella meraviglia di Susan Sarandon, altra protagonista del film, che invece è sempre uno spettacolo. Il film? Ben scritto, ben recitato, divertente, l’unico che al tff abbia strappato un applauso a scena aperta. Frank Langella è un ladro in pensione, con due figli che non riescono a prendersi cura di lui: gli regalano così un robot tuttofare che lo aiuti. Frank, dopo l'iniziale diffidenza, comincerà a insegnargli i trucchetti del mestiere e tornerà a rubare, ma solo per amore o per dispetto. Non dico altro perché spoilerei, e c’è un colpetto di scena bello anche se un po’ triste. Ecco: cercate un film “natalizio” non cretino o strappalacrime? Cercate Robot & Frank. E sottolineo cercate, perché è uscito in Francia, in Kosovo, in Kuwait, a Taiwan, in Germania, in Svezia, in Australia, ma di vederlo in Italia, al momento, non se ne parla.


lunedì 17 dicembre 2012

lasciatemi così come una cosa


Stanco di spargere uggia e curtura a man bassa nei blog altrui, porto un po’ di tristezza anche nella mia simpatica casetta virtuale. Dicono tra un po’ sia Natale. Che due coglioni, rispondo io. Non che m’abbia mai fatto impazzire, ma quest’anno non ne ho proprio voglia, anzi: ho lo spirito natalizio di una scorreggia in ascensore. Facciamo qualcosa di nuovo? Ḥănukkāh è iniziato da una settimana e ancora nessuno ne parla, come ha detto tra il serio e il faceto Billy Crystal l’altra sera da David Letterman. Ussignur com’è invecchiato. Non Letterman, lui era così anche a vent’anni, credo. Dico Billy Crystal. Che con il faccetto sempre più tondo e i capelli forse un po’ tinti fa tanta tenerezza: poi apre bocca per due minuti e ridi ancora tre giorni dopo. Comunque ho l’orchite per tutto, mi sfastidia il mondo: gli orari dei cinema, i commenti dei lettori del Corriere, chi parcheggia a minchia solo perché nevica, il lavoro come riempitivo della vita, le file per entrare nei negozi. Sogno una multisala che dia i quattro film che voglio vedere e chiudermi lì finché non ho smaltito la rugna.

giovedì 13 dicembre 2012

new tits on the block


Visto che ieri le parole «Miss Tette» hanno fatto impennare gli accessi al blog, approfondisco il tema. Ve la ricordate Sheridan Smith? La camerierina di Hysteria? Ecco. Oltre a essere la dottoressa gnocca di Quartet, è anche protagonista di Tower block, un simpatico thrillerozzo inglese che mi sento di consigliarvi. Siamo in un block nei sobborghi di Londra, l’ennesimo block visto nelle ultime due edizioni del tff, in cui vive un gruppo di gente abbastanza disperata. La Smith, per dire, nonostante la gnoccaggine ha fatto non poca fatica a trovare il bell’uomo con cui ha passato la notte all’inizio del film. Come se non bastasse, accanto a varie personcine perbene ci sono anche una coppia di spacciatori balordi e drugaà e un odioso ragazzetto (Jack O'Connell, visto anche in The liability, ne parlerò) che passa il tempo a chiedere il pizzo. Il simpatico quadretto esplode (letteralmente...) quando qualcuno comincia a sparare dal palazzo di fronte per ucciderli tutti. Un po’ truzzo un po’ no, un godibile film che spazia dal thriller psicologico allo sparaspara. Finale quasi splatter da ola. Uscita italiana non pervenuta.


mercoledì 12 dicembre 2012

... intanto dustin hoffman non sbaglia un film


E lo so, miei cari lettori over 40, il titolo del post era facile. Ma mica posso essere sempre geniale, no? Comunque Luca Carboni non c’entra nulla. Anche se è un peccato che abbia smesso di cantare dopo Persone silenziose, che era ed è un gran bel disco... Come? Non ha smesso? Vabbè, parliamo di cinema. Perché il nostro (Hoffman, non Carboni) ha debuttato alla regia alla veneranda età di 75 anni. Produzione inglese da una pièce teatrale di Ronald Harwood (che è che sceneggiatore), Quartet racconta le divertenti vicissitudini di un quartetto di cantanti lirici che tenta di ricomporsi per partecipare a un concerto organizzato dalla casa di riposo per musicisti che li ospita. Sentite puzza di naftalina? E non avete capito nulla. Non siamo dalle parti del capolavoro, la regia è di maniera, ma c’è ritmo, si ride, si sorride, sul finale ci si emoziona anche un po’ e il cast, composto peraltro da tanti ex musicisti e cantanti, è perfetto. Maggie Smith illumina la scena, Sheridan Smith è stata ufficialmente (da me) eletta Miss Tette del tff (Quartet inaugurava il festival e lei era presente anche in Tower block, ma ne riparleremo). Uscita a gennaio in Usa, Gran Bretagna e, a quanto pare, anche Italia.


martedì 11 dicembre 2012

c'è un tempo d'aspetto, come dicevo


Penso che ammuccarsi sia un gran bel verbo. Non lo usavo dai miei vent’anni, ritrovarlo tra le pagine di Così in terra di Davide Enia (romanzo amatissimo) ha avuto il suo perché. Il weekend non è stato soltanto Michel Gondry, è stato anche l’ambulante del Maghreb che meriterebbe un post a parte, con il suo disperato umorismo e l’accento piemontese. È stato anche la mostra di Degas tentata il sabato a un orario impossibile, fermati da due uscieri simpatici quanto svegli: per niente. Ci siamo rifatti domenica, e poi via verso casa, nel lettore dvd Cosmopolis di Cronenberg. Ne parlo? Ne parlo. C’è un fascino sottile, un’ironia selvaggia, un erotismo sfuggente, una recitazione volutamente piatta e algida che ti si schianta sullo stomaco insieme a dialoghi surreali eppure così tanto legati alla realtà. C’è una limousine e ci sono le coincidenze con Holy motors: possibile siano solo coincidenze? E, soprattutto, esistono le coincidenze? A me il finale in cui Benno spiega al protagonista che ha perso i suoi soldi perché nei mercati cercava l’armonia e invece doveva ispirarsi all’asimmetricità della sua prostata mi ha fatto morire. È ufficiale: ci ha messo un po’, ma la peperonata Cosmopolis è stata digerita.


lunedì 10 dicembre 2012

get on the bus


Michel Gondry è tornato, ma non se n’è accorto nessuno: The we and the I è, in effetti, molto poco gondryano. C’entra poco anche Spike Lee: ho chiamato il post così perché l’idea di girare tutto su un pullman mi ha ricordato quel film lì. L’operazione era rischiosa: prendi degli studenti veri, li tiri fuori dal Bronx e li cacci davanti a una macchina da presa a recitare, o forse no, chissà. I ragazzi salgono, soprattutto scendono, il noi diventa man mano io, il gruppo si trasforma in casuale unione di singoli, ciascuno con la sua storia. Superata una parte iniziale quasi insopportabile, durante la quale avresti voglia di spaccare le gengive ai bulli di turno, il risultato è godibile, non somiglia né a una recita scolastica né a una terapia di gruppo. E i ragazzi sono proprio bravi. Visto al Sottodiciotto di Torino con la ms e la tiz in una sala non del tutto piena; nessuna previsione di uscita italiana.


venerdì 7 dicembre 2012

solo sospiri e lamenti, lividi viola qua e là


Beh, lo ammetto, mi son distratto un attimo: colpa di Pink, che non ho mai capito cosa ci trovo in quella truzzetta bionda, eppure mi piace. Insomma, il simpatico donnino è uno dei tanti buoni motivi per vedere Thanks for sharing, film che in Italia uscirà prossimamente con l’incommentabile titolo di Tentazioni (ir)resistibili, distribuzione Minerva (coglione di riserva?). Si tratta di una commedia ben scritta, divertente e mai volgare su alcuni drogati di sesso che fanno terapia di gruppo: il fatto che due di loro si chiamino Mark Ruffalo e Tim Robbins vi ha invogliato ulteriormente? No? Ok, ci sono un paio di scene con Gwyneth Paltrow in mutande e reggiseno. Convinti? Ecco, allora in terapia poi andateci anche voi, eh.


giovedì 6 dicembre 2012

un altro impegno è possibile


Dimenticate Amnesty, il valore sociale, l’importanza politica e altre menate che vi ammanniranno a proposito de La bicicletta verde, primo film saudita diretto da una donna, in uscita oggi in Italia. Quando ho deciso di vedere Wadjda (questo il titolo originale, si pronuncia Ueshdà), due sabati fa all’alba, non ne sapevo quasi nulla ma ero prevenutissimo, temendo la classica lamata da festival (in fondo, prima del tff, era passato a Venezia). La storia di una bambina (Wadjda, per l’appunto) che sogna di comprarsi una bicicletta in un Paese in cui le donne non possono fare un cazzo di niente? Pensavo di tagliarmi le vene. E invece Haifaa Al-Mansour, nonostante i temi affrontati, mantiene una leggerezza e un’ironia inaspettate e dimostra che si può far riflettere senza massacrare le gonadi. Mai stucchevole, la protagonista, Waad Mohammed, con la sua faccetta da cartoon è adorabile.


mercoledì 5 dicembre 2012

terapia di coppia


Dopo aver visto Ruby Sparks fa un po’ strano sapere che Paul Dano e Zoe Kazan stiano insieme per davvero. Che lo so che ne ha già parlato chiunque, ma adesso vi mettete qui buoni e vi sciroppate anche le mie considerazioni. Non ho visto il trailer, non so come sia stato venduto, ma sappiate che, superato lo scoppiettante inizio da commedia fantastica-sentimentale buona per eterne adolescenti dal fazzoletto facile, il nuovo film di Jonathan Dayton e Valerie Faris (altra coppia nella vita, peraltro) diventa una roba seria. Tosta. Imprevista. E notevolmente bella. Da vedere con la persona che si ama. O che si crede di amare. Sceneggiatura della stessa Kazan, riusciti camei di Banderas, Elliott Gould e Annette Bening (cui la maturità giova anche fisicamente). Ah, è al cinema da domani.


martedì 4 dicembre 2012

piccole donne crescono


Premio alla migliore attrice del tff (Aylin Tezel), Am himmel der tag (titolo internazionale Breaking horizons, vogliamo scommettere su quello italiano?) è un po' un film da festival, diciamocelo. Ma contrariamente a Shell, si fa vedere con piacere. La regista Pola Beck è una cosettina bionda alta un metro e un cazzo a cui, vista da lontano, daresti dicott'anni e invece ne ha trenta. Il film è la storia di una ragazza che vorrebbe essere zoccola come la sua amica del cuore ma non gliela fa, rimane incinta e decide di tenere il bambino. Detto così, ci si accoltella. In realtà, il film funziona. Difficile che arrivi in Italia. Fosse stato francese ce lo saremmo trovato nelle sale dopo un mesetto, magari basta aspettare sulla riva del torrente.


lunedì 3 dicembre 2012

pompa


Tornai. Come da dove? Dal Torino Film Festival. E un po' mi scoccia ma, fra tanta roba bella, sto sul pezzo e comincio parlando del vincitore immorale di quest'anno, Shell di Scott Graham. Che insomma, se film da festival doveva essere, se proprio bisognava premiare una lamata (strana scelta, mr. Sorrentino, speravo in un po' più di coraggio), avrei scelto Am himmel der tag, un bel film tedesco che s'è dovuto accontentare del premio alla migliore attrice (ne parlerò, tranquilli). Shell è la storia di un padre e una figlia (Shell, appunto) che gestiscono una stazione di servizio in mezzo al nulla delle Highlands. Clientela: qualche turista minchione e un paio di aficionados che naturalmente ci provano (e a volte ci riescono) con la ragazza; ragazza che però – sorpresona inedita, eh? – è innamorata persa del padre. Madre non pervenuta, scappata da quel posto dimenticato da dio tanti anni prima. Finale tragico. Non brutto, ma fastidiosamente preconfezionato, sgradevole, déjà vu. Buone possibilità che arrivi in sala.


sabato 24 novembre 2012

12 psicopatici


Il tff è cominciato e io ci sono ufficialmente dentro con tutte le scarpe e lo sguardo stropicciato che piaceva tanto a S. E ieri sera, senza uno straccio di biglietto per l'inaugurazione, abbiamo visto Holy motors, ritorno alla macchina da presa di Leos Carax. Ventiquattr'ore nella vita di un uomo che si sposta in limousine e cambia continuamente identità. Omaggio al cinema e ai suoi generi, trama incomprensibile di quelle che se la costruzione non fosse geniale diresti vaffanculo dopo dieci minuti, cameo di Eva Mendes e di una strepitosa e sorprendente Kylie Minogue. Finale strepitoso. Denis Lavant, come sempre, inquieta. Molto.


venerdì 23 novembre 2012

non guardare in cantina


Temevo. Lo so che sembra brutto, ma temevo la questione anagrafica. Bertolucci che si misura con un adolescente e una ventenne, peraltro abbastanza disturbati. Tanti grandi registi prima di lui si sono schiantati su un mondo a loro (giustamente?) incomprensibile. Eppure. Eppure quello che mi ha lasciato un po’ così alla fine di Io e te non è questo. Anzi, da parte sua c’è la giusta empatia, la giusta partecipazione. Empatia e partecipazione che però non si creano con il pubblico (che poi sarei io). Si accendono le luci e rimane poco: profumi, suggestioni, i due protagonisti (Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco) che, come nel caso di Tutti i santi giorni, sono quasi meglio del film. Mi sa che devo leggere il romanzo di Ammaniti.


mercoledì 21 novembre 2012

i figli... so' pezzi


C’è questa scena, loro due al parco che parlano dopo aver letto il referto medico, sparano frasi a salve mentre intorno è pieno di bambini, fanno progetti in cui non credono, girano parole vuote a riempire il silenzio. È uno dei punti più alti di Tutti i santi giorni, insieme alla scena dei nomi nel ristorante indiano, alla fuga con la bambina, agli interminabili viaggi in autobus. Peccato che però il film di Virzì non riesca sempre a conciliare dramma e commedia, lasci al caso alcuni dettagli (perché lei odia la sua famiglia?) e scelga un finale incomprensibile. Protagonisti adorabili, soprattutto Thony, autentica rivelazione musicale e cinematografica.


mercoledì 14 novembre 2012

casalingo inquieto


No, non parlo del fatto che secondo la ms preparo da mangiare con la velocità di un cuoco da fast food. Ho passato due giorni a casa con l’influenza. Due giorni senza mettere il naso fuori casa, dopo che domenica ho battuto il mio record personale di starnuti in quel di Paratissima, la versione alternativa e ggiovane di Artissima, sicuramente meno ingessata, meno finta, meno cara. No, non ho comprato nulla: primo, sono povero; secondo, sono povero; terzo: non c’era niente che mi entusiasmasse. Beh, insomma, che puoi fare a casa? Dormi, leggi con non troppa convinzione Graham Greene, guardi la tv dopo aver litigato col decoder giusto in tempo per scoprire che danno ancora Uomini e donne. E poi dai da mangiare ai gatti, togli la cacca dei gatti, recuperi qualche film di quelli scaricati da tempo (niente male La scomparsa di Alice Creed, fico Following), prosegui nella tua scaglionatissima visione di Dexter, provi con refresh compulsivo ad acquistare i biglietti per l’inaugurazione del Tff che non metteranno mai in vendita (buttigghiaranannò!). Un lavoro, signora mia, e nessuno che mi paghi.


martedì 6 novembre 2012

road to bondition


- Tutti hanno qualche hobby.
- Il tuo qual è?
- La resurrezione.
(007 Skyfall, Sam Mendes)

Per me James Bond è un’istituzione fin dall’infanzia: nel mio personale Skyfall ci sono l’adorabile faccia da culo di Roger Moore la domenica pomeriggio al cinema e l’impareggiabile faccia da schiaffi di Sean Connery la sera in tv. Brosnan l’ho sempre detestato, andava bene per Remington Steele ma 007 no, proprio no. Daniel Craig mi piace (non in quel senso, sono troppo etero per il genere), e mi piace proprio tanto quando veste i panni (firmati Tom Ford) dell’agente segreto. Dalla regia di Sam Mendes mi aspettavo grandi cose: il risultato è interessante ma, come ci dicevano a scuola, il ragazzo si poteva impegnare di più. Dopo un inizio da classicone e prima del gran finale, il film, che si avvale comunque di una valida sceneggiatura e di dialoghi quasi sempre all’altezza, si ammoscia talvolta qua e là: spiace dirlo, ma la causa principale è Javier Bardem con il suo ambiguo villain psicopatico biondo platino che non sai mai se prendere sul serio.


lunedì 5 novembre 2012

oliver!


Che poi la Tiz me l’aveva detto. Esagerando un po’, dai, ma me l’aveva detto. Le belve, che in originale sarebbero Selvaggi, come si ripete continuamente per tutto il film, accontenta l’occhio (anche cinematograficamente parlando), regala ancora timide erezioni (cit.) grazie alla presenza di Taylor Kitsch, Aaron Johnson e Blake Lively, fa venire una gran voglia di farsi almeno una canna e... e basta. Il resto è già visto, già detto, e c’è persino una fastidiosa puzzetta reazionaria che si avverte qua e là. Lo dico? Lo dico: roba per quindicenni drogati di italia1. Si salva Salma Hayek, divertente e sopra le righe quanto basta.

mercoledì 31 ottobre 2012

la sola persona che io ho mai


Certo che alle 8 del mattino sarebbe stato più fico, colazione e via, con Poison, la Tiz e pochi altri eletti. O anche tanti, ché secondo me se l’avessero dato al Massimo o in qualche cine radical chic ci sarebbe stata la coda fuori. E invece la versione integrale di C’era una volta in America è stata proiettata per quattro sere (e solo sere... che città ancora così provincialotta, porcazzozza!) nei due Uci torinesi. Di sabato, evitando il centro e preferendo la periferia (ma tanto la sostanza non cambia: truzzi a manetta, puzza di popcorn, persino una coppietta che chiusa in macchina davanti a un muro mica limonava, no, si strafogava di patate fritte mosce e unte che mi sentivo le mani sporche per loro), io e la ms siamo andati in quel di Beinasco. O meglio nel suo poco distante non luogo. E lì, comunque, spente le luci, finiti i 20 minuti di trailer e pubblicità di merda (è difficile fare delle robe più brutte, giuro), beh è iniziata l’emozione, peraltro condivisa con una ms felice della scoperta. Che dire? Le scene aggiunte dicono tanto, non puzzano di operazione commerciale. E io quel film lì lo conosco quasi a memoria. Soprattutto alcune sequenze, quelle che tutte le volte come fai a non piangere? Infatti stavolta non ho pianto. Ero troppo gonfio di tante cose tutte insieme. Perché la scena della charlotte russa con panna, quella di lui che spia lei da ragazzini e poi la lettura del Cantico dei cantici con una Jennifer Connelly mai più così bella, la morte di Dominic («Noodles, sono inciampato»), quella cena romantica che finisce con una violenza interminabile che vorresti dire basta, cazzo, non lo capisci che così è finito tutto?, e poi il confronto finale tra Noodles e Max... insomma meraviglia delle meraviglie. Ho amato persino l’interminabile, iniziale trillo del telefono che mi ha fatto odiare per sempre quel suono maledetto. Però James Woods truccato da vecchio è tal quale Bossi post ictus. Vent’anni prima che succedesse. Quando si dice la magia del cinema.


martedì 30 ottobre 2012

tiriamocela


Insomma, non so cos’avrei dato per sentire quello che stavo dicendo così, in simultanea, in russo. Che c’era anche l’omino (un gran bell’omino peraltro) a tradurre in inglese e una tipa per lo spagnolo e chissà chi altro, ma sono lingue che uno ha già sentito mille volte mentre il russo, beh il russo che non è «Ti spiezzo in due» quando ti capita? Comunque, l’ho già detto che sono molto orgoglione dell’intervento che ho dovuto fare a un convegno qualche giorno fa? Andando a braccio. E facendoli ridere. Che è una cosa bellissima, quando fai una battuta e la gente ride. Non io e te che parliamo, non un gruppetto di amici, ma 150 persone insieme. A un’ora che pensi che cazzo ci fanno qui. E invece sono lì anche per te.

mercoledì 24 ottobre 2012

il whisky mi ritorna su, diventa letterario


Mi avevano avvisato che il trailer non c’entrava una beata minchia e che non si trattava di una divertente commedia con sparatorie. D’altra parte il regista è Andrew Dominik, quello de L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, mica un pirla. Cogan - Killing them softly è più imparentato con i Coen e le atmosfere di McCarthy. E a tratti è puro teatro: gente che parla, parla, parla, solitamente con un'arma o qualcosa da bere tra le mani, e ti sembra di stare lì a spiarli. L’azione latita (a parte il pestaggio di Ray Liotta), i ritmi sono dilatati, eppure ci sono sequenze che sono pura goduria. Più di Brad Pitt spiccano i due disgraziatissimi protagonisti, Scoot McNairy e Ben Mendelsohn, e un fantastico James Gandolfini. Colonna sonora eccellente e mai banale (a parte la prevedibile Heroin), interessante il pressoché continuo rumore di sottofondo dello scontro elettorale Obama-McCain su cui aleggia, ripetutamente evocato, lo spettro della recessione.


giovedì 18 ottobre 2012

primo amore


Mette una gran tristezza sapere della morte di Emmanuelle (quella francese con due m, quella vera, quella dei primi due film, ché già il moralismo del terzo mi faceva girare abbastanza i coglioni e sui seguenti scenda l’oblio), per una morte tra l’altro così brutta (ma esiste poi la bella morte? suvvia!). Sylvia Kristel è stata la prima attrice di film erotici a farmi sognare, prima ancora della sora Edvige. In un periodo in cui alla tv passava tutto, senza tagli. In cui non c’erano muli e torrenti, bastavano le emittenti locali. E i sogni, almeno i miei, forse erano più facili.

mercoledì 17 ottobre 2012

miracolo a pampa


Ieri sera piuttosto che uscire avrei preferito che un camion mi zompasse sui coglioni, ma c’era un insieme di cose che mi ha fatto stringere denti e culo e filare verso Torino da bravo soldatino insieme alla spoah: miss po’, la tiz (addirittura al di fuori del Tff!), Werner Herzog in persona e i quattro episodi di Death row, i suoi documentari per la tv americana dedicati ai prigionieri in attesa di esecuzione. Che dici: ma con le premesse di cui sopra, non era meglio un filmettino? Ma anche no. Perché il regista tedesco delude raramente ed è incredibile come questi quattro film-intervista (soprattutto i primi tre) ti avvincano pur nella straordinaria semplicità dell’impianto. Gran parte del merito va al “casting”, alla capacità di scegliere facce e storie che non ti si schiodano facilmente dalla memoria. Poi c’è stato lo spazio per le domande del pubblico e siamo piombati nella tristezza accademico-segaiola delle affermazioni col punto interrogativo. E la pazienza, persino l'inattesa remissività, del regista tedesco, sono state quasi commoventi. Io quell’uomo lì lo adoro.


lunedì 15 ottobre 2012

ivistomai


Adoro il mondo Mac. Mi piace l’unicità del connubio tra bellezza formale, tecnologia e funzionalità. Ma siccome non mi pagano per dire tutto ciò, potrei anche parlare della questione ambientale o dei diritti dei lavoratori. E invece parlo di una libreria, di quelle un po’ all’antica, non imperdibile, soprattutto in una zona della città dove ce ne sono di migliori e più fornite. Eppure, ieri sera, passare da lì e scoprirci il nuovo Apple store mi ha messo un po’ tristezza. Tristezza che, entrando a fare un giro, non si è mitigata. Troppi ragazzetti a dirti buongiorno e arrivederci, un ambiente asettico «così nuovo che viene voglia di pisciarci dentro» (cit.), una grandeur di facciata. Come se la bellezza e la classe avessero bisogno d’altro. Come se Nicole Kidman andasse dal chirurgo plastico (oddio, dite che c’è andata?).


venerdì 12 ottobre 2012

t'agli


(fonte corriere.it)

giovedì 11 ottobre 2012

u bbuène ièsse e u male trase


La locandina mi ispirava, Gabbriellini regista mi incuriosiva (chissà se da qualche parte si può recuperare B.B. e il cormorano), ma più di tutto era il ritorno al cinema del Giannone nazionale che mi ha spinto a vedere Padroni di casa. Ché Morandi è una strana creatura, e questa sua ennesima reincarnazione mi sembrava meritevole di credito. Non sono rimasto deluso: è vero che Gabbriellini poteva spingere di più sui toni cupi, rendere il tutto maggiormente inquietante e claustrofobico (specialmente su un finale che scorre via troppo in fretta), ma se la cava piuttosto bene evitando le trappole televisive del thriller di provincia. Se Morandi funziona a intermittenza come la Bruni Tedeschi, Germano e Mastandrea sono perfetti come fossero fratelli davero davero; molto azzeccata la scelta dei comprimari. 

martedì 9 ottobre 2012

tema: gli uomini non capiscono un cazzo


Ali ha la moglie in galera, un figlio piccolo che non sa come trattare e non ha un soldo. Si trasferisce a casa della sorella, trova lavori sempre peggiori (da buttafuori a “piazza la telecamera a sgarrupo così licenzio qualcuno”) e a tempo perso vince incontri di menadovetipare. Stéphanie, di giorno addestratrice di orche, di sera provocatrice a salve di maschi repressi, perde le gambe in seguito a un incidente. Ruggine e ossa (Il sapore è quello del culo dei titolisti italiani) è la storia della strana unione delle loro disperazioni che si trasforma in amore: siete già scappati? E fate male: Jacques Audiard si conferma un ottimo narratore, non c’è pietismo né melodramma, le lacrime (almeno per quanto riguarda il sottoscritto) scorrono solo sul finale. Ah, Marion Cotillard è meravigliosa, ma questo lo si sapeva già.


venerdì 5 ottobre 2012

mpalermu, ma anche no


Sarà il carico di aspettative. Sarà che con Ciprì è stato amore a prima vista dai tempi di Cinico tv, ancora prima che approdasse su Raitre. Sarà che Servillo lo ascolterei leggere anche le Pagine Gialle ma qui finge un dialetto che non gli appartiene. Il fatto è che pensavo che avrei amato È stato il figlio e invece mi è solo piaciuto. Ché ha tante cose notevolissime (gli ottimi comprimari, la presenza del bambino bistrattato, la statua vivente, quella “palermitanitudine” perfettamente ricostruita, il finale, uno splendido e irriconoscibile Alfredo Castro – ti dice qualcosa, poison?), ma non vale i precedenti corti e film girati in coppia con Maresco.


mercoledì 3 ottobre 2012

che ne dici di un romantico nel bdcdp?


Quando ho letto che era l’unica possibile modalità di pagamento non riuscivo a crederci: contrassegno, una parola che fa quasi tenerezza. Come musicassetta, o 45 giri. Come l’odore di arrosto la domenica mattina, il cinema con i miei, i porno del sabato notte. E che mi riporta alla mente che in contrassegno, trent’anni fa, ci compravo i fumetti dell’editoriale Corno.


martedì 2 ottobre 2012

catatonici e anche molto brutti


Non parlo di (e con) quelli secondo cui «questo film è troppo italiano per un festival internazionale, gli altri non possono capire» e minchie varie: preferivo i diccì che sputavano sul neorealismo, almeno erano ipocriti e consapevoli di esserlo. Bella addormentata è proprio bello e Marco Bellocchio continua la sua stagione felice. Quella interminabile settimana in cui pareva fosse fondamentale decidere con un decreto legge la vita di una persona già morta, i giorni in cui sembrava che la tifoseria tutta nazionale si fosse spostata da Inter-Juve, sinistra-destra, a morte-vita, sono raccontati non già attraverso i protagonisti ma attraverso quattro storie “esterne” ma emblematiche, tutte utili, compresa quella apparentemente più “lontana” del colpo di fulmine tra la Rohrwacher e Riondino. Herlitzka si diverte, Gianmarco Tognazzi è una sorpresa, i titoli dei giornali dell’epoca sono un pugno nello stomaco, lo psiconano in tv è un monito contro l’imbecillità, i dialoghi dei politici un po’ didascalici ma utili per un buon ripasso. E pur se con una sua opinione forte, il film piuttosto che dare risposte, vivaddio, ti gonfia di domande.

P.S.: la Huppert che prega ad alta voce avanti e indietro sempre più veloce con le suore è una citazione di Todo modo o è solo un caso?


venerdì 28 settembre 2012

l’unico dreyfus che ci piacesse


Come ha ricordato un mio amico su fb, non è stato solo la strepitosa spalla di Peter Sellers in quella trappola per attori e spettatori che fu il ciclo della Pantera rosa. Herbert Lom, morto ieri a 95 anni, è stato anche protagonista di alcuni irripetibili horror della Hammer così come dell’impensabile – oggi – Charleston: puro genio artigianale, una complicata Stangata con scazzottate protagonista il miglior Bud Spencer. Prima che il cinema d’essai per sopravvivere si rifugiasse in parrocchia. Prima che certi film restassero solo nella testa di Tarantino. O del mio amico P. Mica per niente, d’altra parte, penso che lui (P., forse anche Tarantino) sia un genio.


martedì 25 settembre 2012

ah che disgrazia le questioni di stile


Complice una domenica pigra, di quelle tracimate finché per Torino è già tardi, decidiamo che, tra una cosa e l’altra, o si va a Moncalieri per vedere Pietà, o difficilmente lo si vedrà. Ora, l’Ugc un tempo non era male. Multisala sì, ma aveva la birra buona, e il centro commerciale intorno, all’aperto, insomma fuori dai coglioni. Poi l’Ugc è diventata Uci: stessa tristezza e sciatteria del Lingotto, il cartello che minaccia che durante alcuni film «potrebbe esserci un intervallo», un personale adeguato nei numeri ma infinito nei tempi, capace di avvitarsi su se stesso come certe brutte trame. D’altra parte, una cassiera che non fa, non dico un sorriso, ma gnanca un plissé quando le chiedo «Due biglietti per pietà», dà già un po’ la misura. Sorvolando sul fatto che le luci si sono accese dopo cinque minuti dall’inizio (e così sono rimaste per altrettanti cinque minuti, finché un simpatico omarino in tutto e per tutto uguale al sottoscritto è uscito fuori urlando «Il film si vede come al cazzo!») e sorvolando sul fatto che i simpatici ramazzapopcorn sono entrati parlando fra loro mentre c’erano ancora i titoli di coda, dirò del film: mah. Come? È poco? Ok, vado. La storia è bella, la violenza c’è ma non è quasi mai esibita, e ci sono sequenze notevoli come quella finale. Peccato che Kim Ki-Duk, che in quanto Kim Ki-Duk non avrebbe bisogno di nessun orpello pseudoautoriale, qua e là se ne serve a piene mani: fotografia affanculo, incomprensibili zoomate e traballii di macchina, ricerca dello scandaletto sessuale spacciata per iconoclastia.


lunedì 24 settembre 2012

giallo grigio


È presto per cena, ci facciamo un aperitivo a metà strada? Che domande! Lungo il percorso c’è Cavour, città famosa per Camillo Benso e basta. In effetti, non fa molto per essere memorabile, anche se la sequela di vendita mele kiwi patate lungo la statale inganna nel suo fare molto mediterraneo. Il tempo di incrociare una tremenda compagnia di sposi e invitati, nonché un negozio di abiti da sposa tristanzuoli anzichenò, ci imbattiamo in un distributore di dvd. E nel mosaico di locandine, tragicamente indimenticabile, trovo il viso pesto di Adrien Brody: Wrecked. Che hai voglia a rifarti una verginità con Detachment, sei comunque interprete e produttore di questa stronzata che non hanno avuto cuore di far uscire al cinema, ma che adesso – attenzione! – può arrivare per sbaglio nei lettori dvd di chiunque di voi. Visto al Tff, dura un’ora e mezza ma sembrano tre, durante le quali Brody si aggira smemorato, pressoché muto e solo dopo un incidente d’auto, cercando di sfuggire ai puma e tentando di capire se ha ammazzato qualcuno: idea carina per un cortometraggio, ha di buono soltanto che al protagonista viene riservato lo stesso trattamento che gli avrei riservato io.


venerdì 21 settembre 2012

effetto bambola


Affondare, anfratto, ansimare, ardore, asta, avidamente, buchino, buco, esplodere, fallo, fuoco, gonfio, ingordo, instancabile, irrompere, lambire, liquido, membro, miele, pene, penetrare, petto, pube, seme, sesso, sfondare, stantuffare, stillare, titillare, tirare, vagina, venature, ventre: ecco, se, in un contesto erotico, leggo su un blog o un romanzo queste parole qui di solito mi viene lo sconforto. E mi si ammoscia inesorabilmente. Per fortuna ci sono i video porno...

giovedì 20 settembre 2012

i’ll be your mirror


Cipro si sente piuttosto inglese, ma d’altronde Verbania pensa di essere lombarda. Così lì si guida a sinistra (a Cipro, non a Verbania). E tutto sommato è facile, proprio come rompere il vetro di uno specchietto in una strada stretta. Meno facile è cambiare marcia con la mano che solitamente giace beata sul volante: quasi come tentare di estirpare la parte migliore di Rocco Siffredi, solo tirando qualche bestemmia in più. Comunque, a parte 15 euro (!) e sette anni di disgrazia (?), sono stato proprio bravo. E questo nonostante guidassi uno scassone Suzuki, che farà bene moto e suv, ma quanto alle utilitarie sembra gestita da marchionne.

martedì 18 settembre 2012

nostos


Il gelo penetra nelle birki ma io non demordo. Ho ancora Cipro addosso, con il mare, le spiagge, le camminate, il cibo, le bevute (i chili, porcazzozza!), l’assenza di notizie italiane e le poche straniere filtrate da due minuti di tv prima di cena. Per il mio compleanno ero a Nicosia, l’ultima città divisa in due. Non c’è un muro, e non ho ancora capito cos’è più triste, se un muro vero o una sfilza di case diroccate con il filo spinato in cima e un tot di sbarbatelli con il mitra a far la guardia. E pensare che Nicosia è una città quasi perfetta, culturalmente ricca, antica e moderna al tempo stesso. Ai faraglioni di Petra Tou Romiou donne giovani e non, specie dell’Est, si fanno fotografare abbrancicate alle rocce come pensavo non si facesse più dai tempi del calendario della Ferilli. Gli altri turisti si fanno fotografare e basta, sullo sfondo i faraglioni, il mare – bellissimo – non lo vedono neanche: scendono dal pullman, il tempo che ci metterebbero a pisciare e si riparte. Ho saputo chi ha vinto a Venezia domenica sera, finalmente non ho letto nessuna cazzata antitaliana durante il festival né quelle avvelenate e patriottiche post verdetto: so solo che ho un botto di roba da vedere. L’inutile film di una specie di Alan Smithee ha scatenato l’ira di mezzo mondo musulmano? Per dio, eliminate le religioni! Sempre domenica ho scoperto che sono uscite delle foto a tette scoperte della futura regina d’Inghilterra: mi è tornato in mente questo post, scusate l’autocitazione.

 (Andarsene è un peccato però ciao ciao, © Dantès)

venerdì 31 agosto 2012

ma che stanno a fa’ roba?


E io già me l’immagino ’sto bimbetto che al pomeriggio presto, con pigro genitore rassegnato al seguito, si fionda nel megacinema da 45 sale, 64 tipi di caramelle e 23 tipi di popcorn, per guardare il nuovo cartone che, in quanto cartone, per italica legge non scritta deve essere adatto all’ideale di famiglia giovanardesca. Dopo dieci minuti di alcool e musica e donnine, vedo il medesimo pupo girarsi verso il genitore, che nel frattempo si esibisce in grufolo nasale e rivolo di bavetta, strapparlo per la camicia al sonno degli ingiusti, e sussurrargli infine «Papà, quelli sono nudi!». Dopo breve smarrimento (chi? dove? vengo anch’io!), il genitore agguanterebbe l’implume virgulto per la manuzza e andrebbe a inoltrare “vibrante protesta” nei confronti della direzione del cinema. Ecco perché Chico & Rita non uscirà mai in Italia: perché i cartoni animati tutti, in questo paese piccolo piccolo, sono considerati roba minore, per under 13, da pubblicizzare poco e diffondere meno (se non sono Disney, Dreamworks o Pixar) e da schiaffare in tristi multisala a orari impossibili. Eppure Fernando Trueba, che non è mai stato ’sto gran regista, qui dà il meglio che può, e questa storia d’amore cubana a tempo di jazz è davvero molto, molto piacevole.

giovedì 30 agosto 2012

dimmi che cosa che cosa ti fai


È importante che un cartone animato abbia un minimo di congruenza spazio-temporale? Fino a quanto ci si può spingere? Insomma perché i personaggi di Tex Avery sì e Madagascar no? Non sarà che la Pixar ci ha viziato un po’ troppo? Che abbiamo smarrito il gusto del nonsense sfrenato, del divertimento demenziale? Il terzo capitolo della saga degli animali in fuga sguazza nell’impossibile ma è divertente e non si concede un attimo di pausa, a cominciare dalla sequenza al casinò. E le scimmie vestite da Re Sole, la storia d’amore tra il lemure e l’orsa, ma soprattutto la terribile poliziotta francese – metà Loren metà Capucine – che fa “risorgere” i suoi sottoposti ospedalizzati cantando Non, je ne regrette rien (ma quanto si sarà divertita Frances McDormand?), hanno un che di geniale: qualcuno alla Dreamworks fuma roba buona.


mercoledì 29 agosto 2012

lo chiameremo a cazzo di cane


Come lo traduci un film che s’intitola Le prénom? Cena tra amici. Ché la cena ricorda i cretini (appunto!) e gli amici i quasi amici (che era anch’essa una malaminchiata tutta italiana). E poi – dice – al cinema gli amici tirano. Non quanto la fica, già, ma non si può mica intitolare un film per tutti Cena con la fica. Sarebbe divertente, ma non si può. Pensa la faccia di giovanardi! Ti ho detto che non si può! Vabbè, però certo... No! Ok, la smetto, parlo del film, che poi 'sto blog lo visitano solo i pervertiti. È già quasi così? Uhm, il film. Ero un po’ scettico, con tutti quei paragoni a Carnage e altrettanti distinguo, ma si sa che sono curioso come una scimmia. E poi a poison era piaciuto. Che poi non è che io e poison si vada sempre d’accordo sui film, ma tant’è. Tratto da una pièce degli stessi registi (Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte), è una piccola perla. Divertente e stronzo quanto basta, gioca (e bara) con lo spettatore, lo percula dall’inizio alla fine facendogli credere quasi sempre quello che non è. Il quintetto d’attori funziona a meraviglia, Patrick Bruel soprattutto. Se non l’avete visto, recuperatelo.


martedì 28 agosto 2012

un long dimanche de filmage


E poi ci sono quelle oziose domeniche pomeriggio che si apre il cinema di casa. Sì, insomma quel monitor in soggiorno che pare, se opportunamente sintonizzato, offra anche spettacoli a sua discrezione. Ma noi siamo un po’ anarchici e lo nutriamo di musica, di film comprati e di quelli che passa il torrente (una grande scoperta, altro che mulo!). Il doppio spettacolo (il prezzo è modico, di solito un gin fizz, la bevanda non la rivista...) comprende un classicone proposto dal sottoscritto e uno scognito ricordo cinematografico della ms che santo gugol per mia intercessione ha trasformato in dvd. Così siamo passati da Cantando sotto la pioggia a Holy smoke, da Memento a David and Lisa (qualcuno sa che nel 1962 ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e che ne è stato fatto un remake con Lukas Haas? ecco, sapevatelo), da C.R.A.Z.Y. (quest’ultimo doveva essere una commedia... vabbè, però m’è piaciuto) a Flashdance. Sì, uotafilin, esattamente. Lieve, divertente, sensuale, commovente, lieve (l’ho già detto?) come le belle storie d’amore e di passione dovrebbero essere. Un film terminato il quale sentenzio immancabilmente che Jennifer Beals era, è e – macariddìu – resterà uno schianto ancora per un po’, e che era bello quando Adrian Lyne non si prendeva troppo sul serio. Segue solitamente l’intenzione di vedere tutto The L Word e recuperare i film di Alexandre Rockwell in cui ci sia anche lei. D’altra parte l’estate è quasi finita ed è l’ora dei buoni propositi. Quelli che si dimenticano il giorno dopo.


lunedì 27 agosto 2012

i soldi non danno la felicità (se sei una persona orribile)


Sai quando esci da shiatsu e hai ancora la testa e il collo che sembrano altro da te? Ecco. È quasi un attimo, un po’ come tornare dalle ferie. Perché, mungi mungi da tutto il pomeriggio, alla fine piove. Fantozzianamente piove. Come se non bastasse, miss Tomtom ti fa affrontare una cazzo di strada campagnola che sembra un horror da due soldi, gli alberi che ti aspetti te ne caschi uno davanti e ti fai coraggio e ridacchi pensando a «Conosco un posticino» di Stefano Benni. Però in qualche modo si arriva. Testa e collo tornano a vagolare per cazzi loro. Io e la ms si mangia bene, si beve tanto, ma soprattutto non ci si fa i cazzi propri. Perché di fronte a noi c’è un gruppo che fa più paura del temporale. Ricca famiglia pasticcera: lui invecchiato precocemente ma avrà la mia età, parla come i fessi della tv e decide per le figlie; moglie ex bellona oggi solo bella, quasi silente; figlie che mangiano malissimo, sono di una gnocchezza commovente ma sono anche terribilmente minorenni. Insieme a loro una ragazzina genovese (gnocchetta anch’essa, ma in confronto alle altre due sembra ciospa) con la madre. Madre che mi fa rivalutare il capofamiglia in due mosse: «Aggiungo sempre un po’ della farina del mulino Marino al preparato per la polenta istantanea, non sai come viene bene!», «Non hai idea di tutti i senzatetto che girano intorno a Porta Principe, specie adesso che c’è la Festa dell’Unità».

giovedì 2 agosto 2012

love is in the air


Un signore, grigetto meno di quanto si pensi, avvinghiato alla tastiera. Bianconero bianconero bianconero, e non è una suora che cade dalle scale (cit. Woody Allen). Un giovane cinquantenne a piedi nudi abbarbicato ai suoi fiati gli fa da controcanto. Facile pensare alla vecchia battuta del piano e della tromba, ma si vola altrove. Il bianco e il nero stemperati nel grigio parlano di cose serie, forse; generano colori virati seppia e gettano sprazzi di colore inaspettati. Le dita che battono il tempo sotto la gamba sembrano uscite dalla sabbia, le note sanno di salsedine, serate di mare che non vuoi o non puoi dormire, fruscii di vento che non sono solo quelli soffiati e amplificati ad arte. Un insieme che separato non reggerebbe due ore, forse. Fresu, Einaudi. Non molto diverso dall'amore.


venerdì 20 luglio 2012

atti osceni


Ho i pensieri, non riesco a dormire, penso che potrei farmi due risate, smanetto su internet e finalmente lo trovo. Ma di ridere non se ne parla e, quanto ad altre reazioni, il pisello resta abbozzolato, nascosto per la vergogna. No, non si può fare una cosa come Sara contro tutti (soprattutto contro gli spettatori) senza poi pagarne le conseguenze, essere rinchiusi da qualche parte, via la chiave. Se avessero dato una telecamera a Tommy avrebbe fatto di meglio: di porno brutti ne ho visti ma questo batte alla grande qualsiasi sgarrupata produzione amatoriale. E la Tommasi strafatta chimicamente (sbaglierò, ma escludo la cocaina) con l’immutabile espressione di Mr. Wiggles piantata in faccia che prende sborra come fosse olio di ricino è una roba da non fartelo più venire duro per settimane.

martedì 17 luglio 2012

on a night like this


Leggo un amico di amici su fb che a proposito di Bob Dylan a Barolo scrive più o meno «concerto pessimo, mito finito». Sorvoliamo sul concerto, che a me è parso parecchio bello anche se un po’ freddo, fa specie che un quarantenne abbia bisogno di miti. Come credere in dio, nutrire speranza, fidarsi dello psiconano di ritorno, pensare che la schedina ti cambierà la vita. Aspettarsi che un artista non cambi mai per poi potergli rinfacciare che fa sempre la stessa opera. Che noia.


martedì 3 luglio 2012

celo, celo, celo


Dopo settimane di metafore calcistiche a cazzo di cane, permettetene una anche a me: stasera credo di avere completato l'album dei brutti pensieri.

sabato 30 giugno 2012

volver


Eh, la Spagna. Quel loro aver buttato nel cesso clero e duce, quel loro saper vivere, quella lingua che tutte le volte sembra che l’hai dimenticata, poi ti accorgi che visto che non l’hai mai avuta è un po’ difficile perderla, e tiri fuori le parole più difficili da chissà quale cassetto del cervello. Lanzarote: sottotitolo «e io che mi pensavo che fosse tutto un ciabattare mare-spiaggia-mare». Cosa mi è rimasto? Vediamo. I colori: una sequenza pressoché ininterrotta di rosso e nero e bianco e grigio macchiati di verde. Il nostro grande appartamento pagato quasi un cazzo. Lo spumante a colazione. L’uomo con la birra in mano, sempre. Il sosia di Peter Griffin. Le opere della sala principale del museo d’arte contemporanea di Arrecife e la sua guida surreale. La sciatteria del ristorante stile James Bond del medesimo museo. Famara che ti fa venir voglia di saper surfare. I cinque chilometri di strada sterrata per andare a Papagayo. Charco de Palo con il suo naturismo totalmente libero da dogmi. Il panorama lunare di Timanfaya, ancora più spettacolare in quella perfetta giornata uggiosa. La spiaggetta nel centro di Playa Blanca. Gli arredi della Fondazione César Manrique. Le chiese chiuse come le cosce tese quando ti vuoi confessare (non era così?). La degustazione di vini lungo La Geria. Il pesce, il mojo verde, l’aglio in ogni dove. Lo spettacolare ristorantino fighettino in uno dei posti più sfigati dell’isola. Il ronmiel, che sarà anche dolce ma freddo ha il suo perché. La partita di chissacchì con chissacché che stava lì in sottofondo mentre noi facevamo qualcosa di molto più vero, più bello, più importante.


giovedì 28 giugno 2012

charlie chaplin non riusciva a prenderli in braccio


È da ieri mattina che cerco di ricordarmi la volta che ho visto al cinema Harry, ti presento Sally. Era il 1989, dunque non ero in compagnia femminile. Dubito di esserci andato con M., mio compagno di visioni dell’epoca, perché non era il suo genere. Probabilmente ero da solo. Che, al cinema, mica è una roba brutta, anzi. Comunque. Ricordo invece che il film mi entrò in circolo lentamente. Uscii convinto che fosse finita lì, ridacchiando per qualche battuta, punto, amen. Eppure già la notte stessa mi rinvennero come dolcissima peperonata certi dialoghi, certe situazioni, la geometrica perfezione dell’impianto, quella levità mai sciatta o banale, la gnocchezza e la faccia da tolla della Ryan. E da allora, quando guardavo ancora la tv e saltellando tra un canale e l’altro beccavo una scena, mi dicevo «Beh, dai, ne guardo un pezzettino» e finiva che rimanevo lì fino ai titoli di coda. Come se non bastasse, credo lo scrissi già nel vecchio blog, Harry, ti presento Sally ha contribuito notevolmente alla mia educazione sentimentale insieme a Pensavo fosse amore invece era un calesse. Ed è anche per questo che mi ha messo una gran tristezza sapere della morte di chi quel piccolo miracolo di commedia americana lo ha scritto (così come ha scritto anche Silkwood, Heartburn, Sleepless in Seattle).


mercoledì 27 giugno 2012

made in italy (driven in spain)


E poi dicono che c'è crisi...


lunedì 25 giugno 2012

e scoprirai che nulla è cambiato


Il tempo di scendere dall’aereo e quelli che solitamente hanno già in bocca la sigaretta stavolta hanno per le mani lo smarfòn sintonizzato sulla cinica lotteria dei rigori. Tutto quel rincorrersi così infantile all’interno del bus strapieno, le madri - pardon, fidanzate - lasciate al palo coi bagagli, l’inconscio (?) gayo cameratismo che esplode nel fatidico poppopoppopo dopo l’ultimo tiro in porta: un po’ troppo come ritorno dalla placida civiltà isolana. Quasi peggio del prezzo del gasolio o delle dichiarazioni del sottosegretario Polillo (chi?!?).

venerdì 22 giugno 2012

carramba che sorpresa


Uccido il rientro a casa a piedi con l'ipod. A un tratto mi ritrovo davanti una coppia di sedicenni (?). Lei ha un vestitino nero altezza passera, a lui han cacato in testa un cappellino bianco, poi ha canotta bianca senza maniche e pantaloni della tuta stile «vorrei la pelle nera... e anche un sacco di miliardi per fare i video con le strafiche». Ha anche una voce orrenda, con una erre moscissima che col resto non c'entra nulla. Litigano per gelosia. A un tratto decidono di attraversare mentre un giovane donnino in utilitaria sta andando allegramente per cazzi suoi. Lei suona più volte, s'incazza. Lui si gira, le tira fuori il medio. Lei s'impietrisce. Suona. Due secondi e incrocia i carabinieri, spiega cos'è successo. Le forze (?) dell'ordine (?) vanno a parlare con cazzoncello e minigonnata. Chissà com'è andata a finire. Il macellaio ha ucciso la mia curiosità urlando «La poooortaaaaa!».

mercoledì 20 giugno 2012

yes i love you in the sky forever


Beppe patrimonio dell'umanità. Quando sei lì, un po' scazzato, a pranzo per riconciliarti col mondo. Quando la versione bancario in giacca e cravatta di Saviano ti si farebbe lapperlà e tu, dovessi scegliere, ti faresti il suo presunto compagno. Quando i plin ti si sciolgono in bocca e lui (Beppe) ti racconta di New York e ti viene nostalgia solo al nome. Poi chiosa così e non sai più che dire: «La cosa più bella? Vedere la felicità di mia moglie».

lunedì 18 giugno 2012

ce nge n’am’a scì, sciamanìnne


Lanzarote: abbiamo scoperto che trattasi di Canarie, anche se a un tot le spacciammo per Baleari. Comunque si torna in Spagna, e questo è quanto di più fico. Magari facessimo come Lanzarotto che lì rimase. Pensa se un giorno si chiamasse Dantese o Spohalle. Se vedemu. Un po' di post arretrati vi terranno compagnia.


giovedì 14 giugno 2012

come? ma dove?


Non dovrei scrivere del film Molto forte, incredibilmente vicino. Il libro, regalatomi così, a botta di culo, senza saperne nulla, mi è entrato sotto pelle. C'è stato un periodo in cui lo regalavo a chiunque mi sembrasse meritevole. È un gran bel romanzo, pochi cazzi, almeno superate le prime cinque pagine. E il film è un'altra cosa, inevitabile. Ma il problema non è questo. Sarà che la parte che avevo amato di più, il flashback sui nonni, qui è saltato a piè pari e il personaggio di Max Von Sidow (peraltro molto bravo), così privato del suo background sembra una sorta di Buster Keaton rincoglionito. O forse è la figura del padre (Tom Hanks) che è troppo ingombrante. Magari a trasformare il linguaggio di Safran Foer ci voleva un genio alla Michel Gondry. Il film di Stephen Daldry commuove senza emozionare. Peccato.


mercoledì 13 giugno 2012

fracchia contro


Inseguo per giorni il mio capo, finalmente prendo il virtuale numeretto dei messaggi istantanei e lui mi concede quei cinque minuti in cui riassumerò una settimana di lavoro e una firma per le ferie (ah sì, per inciso la prossima settimana non ci sono). Porte e finestre aperte, corrente come se piovesse (no, diluvierà di lì a due ore), apro la porta e cerco di richiuderla senza che sbatta. Ci riesco benissimo, complice una falange del dito medio (sempre quella) a fare da feltrino. Non urlo, la ms sarebbe orgogliosa di me. Però fuori li vedo cadere. Li vedo solo io, ma sono tanti. Santi e santissimi, angeli di ogni schiera, persino qualche madonna (no, non quella simpatica milf che gioca a provocare e che un po' mi spiace non aver visto in concerto). «Forse dovresti metterlo sotto l'acqua fredda» dice lui. Bene, una bella figura di merda, giusto per cominciare.


martedì 12 giugno 2012

l’uomo che volle farsi olivier


Si parla tanto, e giustamente, di che lavoro strepitoso abbia fatto Michelle Williams per diventare la Monroe in My week with Marilyn. Tanto di cappello, ma resta in ombra, un po’ come il vero Laurence Olivier ne Il principe e la ballerina, Kenneth Branagh. Che sì, va bene, gli sarà venuto naturale calarsi nei panni dell’attore di cui probabilmente si sente “figlio”; che te lo immagini da bambino, mentre gli altri stanno lì a giocare a indiani e cowboy, dire al suo amico immaginario «Facciamo che io ero Amleto e tu eri Orazio». Però, insomma, anche la sua interpretazione merita. Per il resto il film è riuscito a metà, è privo di guizzi e, soprattutto, Emma Watson non fa ancora vedere le tette.


mercoledì 6 giugno 2012

l’uomo-luogo comune


Piuttosto che fare una fila mi rifarei togliere le emorroidi, ma in banca, ieri, dovevo andarci per forza. La banca, per chi non lo sapesse, è come la posta: una grigetta vecchia puttana che si imbelletta quotidianamente per far credere di essere giovane e bella. Uno spettacolo patetico, sì, ma ci si casca in tanti, specialmente al mattino, specialmente a una certa età. Insomma ero lì ad aspettare il turno in coda parallela allo sportello (ma perché?!?) e tentavo inutilmente di isolarmi da questo mondo, mentre il più giovane del gruppo (un cinquanterottenne vestito quasi da spiaggina) dispiegava in poderosa successione tutti i luoghi comuni di sua conoscenza. Terminate le considerazioni sulle stagioni, sono arrivate senza soluzione di continuità la politica, le tasse, le pensioni, la disoccupazione, l’augurio che siano licenziati quelli che lavorano in banca. Se tra dieci anni divento così, uccidetemi.