mercoledì 31 ottobre 2012

la sola persona che io ho mai


Certo che alle 8 del mattino sarebbe stato più fico, colazione e via, con Poison, la Tiz e pochi altri eletti. O anche tanti, ché secondo me se l’avessero dato al Massimo o in qualche cine radical chic ci sarebbe stata la coda fuori. E invece la versione integrale di C’era una volta in America è stata proiettata per quattro sere (e solo sere... che città ancora così provincialotta, porcazzozza!) nei due Uci torinesi. Di sabato, evitando il centro e preferendo la periferia (ma tanto la sostanza non cambia: truzzi a manetta, puzza di popcorn, persino una coppietta che chiusa in macchina davanti a un muro mica limonava, no, si strafogava di patate fritte mosce e unte che mi sentivo le mani sporche per loro), io e la ms siamo andati in quel di Beinasco. O meglio nel suo poco distante non luogo. E lì, comunque, spente le luci, finiti i 20 minuti di trailer e pubblicità di merda (è difficile fare delle robe più brutte, giuro), beh è iniziata l’emozione, peraltro condivisa con una ms felice della scoperta. Che dire? Le scene aggiunte dicono tanto, non puzzano di operazione commerciale. E io quel film lì lo conosco quasi a memoria. Soprattutto alcune sequenze, quelle che tutte le volte come fai a non piangere? Infatti stavolta non ho pianto. Ero troppo gonfio di tante cose tutte insieme. Perché la scena della charlotte russa con panna, quella di lui che spia lei da ragazzini e poi la lettura del Cantico dei cantici con una Jennifer Connelly mai più così bella, la morte di Dominic («Noodles, sono inciampato»), quella cena romantica che finisce con una violenza interminabile che vorresti dire basta, cazzo, non lo capisci che così è finito tutto?, e poi il confronto finale tra Noodles e Max... insomma meraviglia delle meraviglie. Ho amato persino l’interminabile, iniziale trillo del telefono che mi ha fatto odiare per sempre quel suono maledetto. Però James Woods truccato da vecchio è tal quale Bossi post ictus. Vent’anni prima che succedesse. Quando si dice la magia del cinema.


martedì 30 ottobre 2012

tiriamocela


Insomma, non so cos’avrei dato per sentire quello che stavo dicendo così, in simultanea, in russo. Che c’era anche l’omino (un gran bell’omino peraltro) a tradurre in inglese e una tipa per lo spagnolo e chissà chi altro, ma sono lingue che uno ha già sentito mille volte mentre il russo, beh il russo che non è «Ti spiezzo in due» quando ti capita? Comunque, l’ho già detto che sono molto orgoglione dell’intervento che ho dovuto fare a un convegno qualche giorno fa? Andando a braccio. E facendoli ridere. Che è una cosa bellissima, quando fai una battuta e la gente ride. Non io e te che parliamo, non un gruppetto di amici, ma 150 persone insieme. A un’ora che pensi che cazzo ci fanno qui. E invece sono lì anche per te.

mercoledì 24 ottobre 2012

il whisky mi ritorna su, diventa letterario


Mi avevano avvisato che il trailer non c’entrava una beata minchia e che non si trattava di una divertente commedia con sparatorie. D’altra parte il regista è Andrew Dominik, quello de L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, mica un pirla. Cogan - Killing them softly è più imparentato con i Coen e le atmosfere di McCarthy. E a tratti è puro teatro: gente che parla, parla, parla, solitamente con un'arma o qualcosa da bere tra le mani, e ti sembra di stare lì a spiarli. L’azione latita (a parte il pestaggio di Ray Liotta), i ritmi sono dilatati, eppure ci sono sequenze che sono pura goduria. Più di Brad Pitt spiccano i due disgraziatissimi protagonisti, Scoot McNairy e Ben Mendelsohn, e un fantastico James Gandolfini. Colonna sonora eccellente e mai banale (a parte la prevedibile Heroin), interessante il pressoché continuo rumore di sottofondo dello scontro elettorale Obama-McCain su cui aleggia, ripetutamente evocato, lo spettro della recessione.


giovedì 18 ottobre 2012

primo amore


Mette una gran tristezza sapere della morte di Emmanuelle (quella francese con due m, quella vera, quella dei primi due film, ché già il moralismo del terzo mi faceva girare abbastanza i coglioni e sui seguenti scenda l’oblio), per una morte tra l’altro così brutta (ma esiste poi la bella morte? suvvia!). Sylvia Kristel è stata la prima attrice di film erotici a farmi sognare, prima ancora della sora Edvige. In un periodo in cui alla tv passava tutto, senza tagli. In cui non c’erano muli e torrenti, bastavano le emittenti locali. E i sogni, almeno i miei, forse erano più facili.

mercoledì 17 ottobre 2012

miracolo a pampa


Ieri sera piuttosto che uscire avrei preferito che un camion mi zompasse sui coglioni, ma c’era un insieme di cose che mi ha fatto stringere denti e culo e filare verso Torino da bravo soldatino insieme alla spoah: miss po’, la tiz (addirittura al di fuori del Tff!), Werner Herzog in persona e i quattro episodi di Death row, i suoi documentari per la tv americana dedicati ai prigionieri in attesa di esecuzione. Che dici: ma con le premesse di cui sopra, non era meglio un filmettino? Ma anche no. Perché il regista tedesco delude raramente ed è incredibile come questi quattro film-intervista (soprattutto i primi tre) ti avvincano pur nella straordinaria semplicità dell’impianto. Gran parte del merito va al “casting”, alla capacità di scegliere facce e storie che non ti si schiodano facilmente dalla memoria. Poi c’è stato lo spazio per le domande del pubblico e siamo piombati nella tristezza accademico-segaiola delle affermazioni col punto interrogativo. E la pazienza, persino l'inattesa remissività, del regista tedesco, sono state quasi commoventi. Io quell’uomo lì lo adoro.


lunedì 15 ottobre 2012

ivistomai


Adoro il mondo Mac. Mi piace l’unicità del connubio tra bellezza formale, tecnologia e funzionalità. Ma siccome non mi pagano per dire tutto ciò, potrei anche parlare della questione ambientale o dei diritti dei lavoratori. E invece parlo di una libreria, di quelle un po’ all’antica, non imperdibile, soprattutto in una zona della città dove ce ne sono di migliori e più fornite. Eppure, ieri sera, passare da lì e scoprirci il nuovo Apple store mi ha messo un po’ tristezza. Tristezza che, entrando a fare un giro, non si è mitigata. Troppi ragazzetti a dirti buongiorno e arrivederci, un ambiente asettico «così nuovo che viene voglia di pisciarci dentro» (cit.), una grandeur di facciata. Come se la bellezza e la classe avessero bisogno d’altro. Come se Nicole Kidman andasse dal chirurgo plastico (oddio, dite che c’è andata?).


venerdì 12 ottobre 2012

t'agli


(fonte corriere.it)

giovedì 11 ottobre 2012

u bbuène ièsse e u male trase


La locandina mi ispirava, Gabbriellini regista mi incuriosiva (chissà se da qualche parte si può recuperare B.B. e il cormorano), ma più di tutto era il ritorno al cinema del Giannone nazionale che mi ha spinto a vedere Padroni di casa. Ché Morandi è una strana creatura, e questa sua ennesima reincarnazione mi sembrava meritevole di credito. Non sono rimasto deluso: è vero che Gabbriellini poteva spingere di più sui toni cupi, rendere il tutto maggiormente inquietante e claustrofobico (specialmente su un finale che scorre via troppo in fretta), ma se la cava piuttosto bene evitando le trappole televisive del thriller di provincia. Se Morandi funziona a intermittenza come la Bruni Tedeschi, Germano e Mastandrea sono perfetti come fossero fratelli davero davero; molto azzeccata la scelta dei comprimari. 

martedì 9 ottobre 2012

tema: gli uomini non capiscono un cazzo


Ali ha la moglie in galera, un figlio piccolo che non sa come trattare e non ha un soldo. Si trasferisce a casa della sorella, trova lavori sempre peggiori (da buttafuori a “piazza la telecamera a sgarrupo così licenzio qualcuno”) e a tempo perso vince incontri di menadovetipare. Stéphanie, di giorno addestratrice di orche, di sera provocatrice a salve di maschi repressi, perde le gambe in seguito a un incidente. Ruggine e ossa (Il sapore è quello del culo dei titolisti italiani) è la storia della strana unione delle loro disperazioni che si trasforma in amore: siete già scappati? E fate male: Jacques Audiard si conferma un ottimo narratore, non c’è pietismo né melodramma, le lacrime (almeno per quanto riguarda il sottoscritto) scorrono solo sul finale. Ah, Marion Cotillard è meravigliosa, ma questo lo si sapeva già.


venerdì 5 ottobre 2012

mpalermu, ma anche no


Sarà il carico di aspettative. Sarà che con Ciprì è stato amore a prima vista dai tempi di Cinico tv, ancora prima che approdasse su Raitre. Sarà che Servillo lo ascolterei leggere anche le Pagine Gialle ma qui finge un dialetto che non gli appartiene. Il fatto è che pensavo che avrei amato È stato il figlio e invece mi è solo piaciuto. Ché ha tante cose notevolissime (gli ottimi comprimari, la presenza del bambino bistrattato, la statua vivente, quella “palermitanitudine” perfettamente ricostruita, il finale, uno splendido e irriconoscibile Alfredo Castro – ti dice qualcosa, poison?), ma non vale i precedenti corti e film girati in coppia con Maresco.


mercoledì 3 ottobre 2012

che ne dici di un romantico nel bdcdp?


Quando ho letto che era l’unica possibile modalità di pagamento non riuscivo a crederci: contrassegno, una parola che fa quasi tenerezza. Come musicassetta, o 45 giri. Come l’odore di arrosto la domenica mattina, il cinema con i miei, i porno del sabato notte. E che mi riporta alla mente che in contrassegno, trent’anni fa, ci compravo i fumetti dell’editoriale Corno.


martedì 2 ottobre 2012

catatonici e anche molto brutti


Non parlo di (e con) quelli secondo cui «questo film è troppo italiano per un festival internazionale, gli altri non possono capire» e minchie varie: preferivo i diccì che sputavano sul neorealismo, almeno erano ipocriti e consapevoli di esserlo. Bella addormentata è proprio bello e Marco Bellocchio continua la sua stagione felice. Quella interminabile settimana in cui pareva fosse fondamentale decidere con un decreto legge la vita di una persona già morta, i giorni in cui sembrava che la tifoseria tutta nazionale si fosse spostata da Inter-Juve, sinistra-destra, a morte-vita, sono raccontati non già attraverso i protagonisti ma attraverso quattro storie “esterne” ma emblematiche, tutte utili, compresa quella apparentemente più “lontana” del colpo di fulmine tra la Rohrwacher e Riondino. Herlitzka si diverte, Gianmarco Tognazzi è una sorpresa, i titoli dei giornali dell’epoca sono un pugno nello stomaco, lo psiconano in tv è un monito contro l’imbecillità, i dialoghi dei politici un po’ didascalici ma utili per un buon ripasso. E pur se con una sua opinione forte, il film piuttosto che dare risposte, vivaddio, ti gonfia di domande.

P.S.: la Huppert che prega ad alta voce avanti e indietro sempre più veloce con le suore è una citazione di Todo modo o è solo un caso?