giovedì 20 dicembre 2012

pensavo fosse una pippa invece era una sega


Dopo tanto parlare di Darren Aronofsky da poison, ho pensato che fosse necessario vedere Requiem for a dream. Abbandonato dalla ms, in trasferta per cena natalizia tra colleghi, ho recuperato il file vecchio come il cucco, avviato vlc e... cazzo, un porno! Ma non uno di quei porno yeppayè: una di quelle cose dove, a parte il fatto che sono tutte così fiche da sembrare finte, non succede niente che non si svolga sotto le lenzuola della maggior parte del mondo. Insomma, io con quelle robe lì mi annoio. E allora, trovato un nuovo e più attendibile torrente, ho ripiegato su The fountain (chiamato in italiano – una volta tanto mica così a cazzo – L'albero della vita), sempre del medesimo regista. Dopo otto minuti mi sono detto che ero troppo poco bisex perché mi bastasse la presenza di Hugh Jackman. Intorno a metà mi sono detto che il film prendeva una piega niente male, a prescindere dalla gnocchezza di Rachel Weisz, che peraltro qui somiglia per certi versi a una tizia coi capelli corti che conosciamo sia io che la poison. Alla fine, sono rimasto così. Sì, così, presente? Per farla corta, per farla breve, mio caro oste portace da beve: troppo niueigg per i miei gusti. Tant'è che mi sono fatto due whisky. E poi, dai, manipolare la Storia così, giocare con i Maya e l'inquisizione, l'ho trovata proprio una cosa sgradevole. Ah, last but not least, se nella vostra vita avete avuto la disgrazia di incrociare un tumore, anche conto terzi, tenetevi alla larga dalla visione. Urtum in fundum (cit.), Aronofsky ci ha i problemi. Ma seri. Cattolici, I presume.


mercoledì 19 dicembre 2012

io e caterino


Stavo pensando a quale film visto al tff dedicare questo post, poi parlando di Aronofsky a casa poison, mentre si disquisiva di concetti alti tipo quant’è gnocca Mila Kunis, mi è venuta in mente Liv Tyler. Ora, ve la ricordate in Io ballo da sola? O nel video di Crazy con Alicia Silverstone? Ecco. L’ho rivista proprio a Torino (cioè nel film, non in realtà, vabbè insomma ci siamo capiti) e la mia espressione è stata un po’ tipo mah... È vero, la parte che ha in Robot & Frank non aiuta, è la figlia petulante e assillante del protagonista e in più sembra uscita da Il potere dei più buoni di Gaber, però non mi pare che stia invecchiando (maturando?) benissimo. Cosa che non si può certo dire di quella meraviglia di Susan Sarandon, altra protagonista del film, che invece è sempre uno spettacolo. Il film? Ben scritto, ben recitato, divertente, l’unico che al tff abbia strappato un applauso a scena aperta. Frank Langella è un ladro in pensione, con due figli che non riescono a prendersi cura di lui: gli regalano così un robot tuttofare che lo aiuti. Frank, dopo l'iniziale diffidenza, comincerà a insegnargli i trucchetti del mestiere e tornerà a rubare, ma solo per amore o per dispetto. Non dico altro perché spoilerei, e c’è un colpetto di scena bello anche se un po’ triste. Ecco: cercate un film “natalizio” non cretino o strappalacrime? Cercate Robot & Frank. E sottolineo cercate, perché è uscito in Francia, in Kosovo, in Kuwait, a Taiwan, in Germania, in Svezia, in Australia, ma di vederlo in Italia, al momento, non se ne parla.


lunedì 17 dicembre 2012

lasciatemi così come una cosa


Stanco di spargere uggia e curtura a man bassa nei blog altrui, porto un po’ di tristezza anche nella mia simpatica casetta virtuale. Dicono tra un po’ sia Natale. Che due coglioni, rispondo io. Non che m’abbia mai fatto impazzire, ma quest’anno non ne ho proprio voglia, anzi: ho lo spirito natalizio di una scorreggia in ascensore. Facciamo qualcosa di nuovo? Ḥănukkāh è iniziato da una settimana e ancora nessuno ne parla, come ha detto tra il serio e il faceto Billy Crystal l’altra sera da David Letterman. Ussignur com’è invecchiato. Non Letterman, lui era così anche a vent’anni, credo. Dico Billy Crystal. Che con il faccetto sempre più tondo e i capelli forse un po’ tinti fa tanta tenerezza: poi apre bocca per due minuti e ridi ancora tre giorni dopo. Comunque ho l’orchite per tutto, mi sfastidia il mondo: gli orari dei cinema, i commenti dei lettori del Corriere, chi parcheggia a minchia solo perché nevica, il lavoro come riempitivo della vita, le file per entrare nei negozi. Sogno una multisala che dia i quattro film che voglio vedere e chiudermi lì finché non ho smaltito la rugna.

giovedì 13 dicembre 2012

new tits on the block


Visto che ieri le parole «Miss Tette» hanno fatto impennare gli accessi al blog, approfondisco il tema. Ve la ricordate Sheridan Smith? La camerierina di Hysteria? Ecco. Oltre a essere la dottoressa gnocca di Quartet, è anche protagonista di Tower block, un simpatico thrillerozzo inglese che mi sento di consigliarvi. Siamo in un block nei sobborghi di Londra, l’ennesimo block visto nelle ultime due edizioni del tff, in cui vive un gruppo di gente abbastanza disperata. La Smith, per dire, nonostante la gnoccaggine ha fatto non poca fatica a trovare il bell’uomo con cui ha passato la notte all’inizio del film. Come se non bastasse, accanto a varie personcine perbene ci sono anche una coppia di spacciatori balordi e drugaà e un odioso ragazzetto (Jack O'Connell, visto anche in The liability, ne parlerò) che passa il tempo a chiedere il pizzo. Il simpatico quadretto esplode (letteralmente...) quando qualcuno comincia a sparare dal palazzo di fronte per ucciderli tutti. Un po’ truzzo un po’ no, un godibile film che spazia dal thriller psicologico allo sparaspara. Finale quasi splatter da ola. Uscita italiana non pervenuta.


mercoledì 12 dicembre 2012

... intanto dustin hoffman non sbaglia un film


E lo so, miei cari lettori over 40, il titolo del post era facile. Ma mica posso essere sempre geniale, no? Comunque Luca Carboni non c’entra nulla. Anche se è un peccato che abbia smesso di cantare dopo Persone silenziose, che era ed è un gran bel disco... Come? Non ha smesso? Vabbè, parliamo di cinema. Perché il nostro (Hoffman, non Carboni) ha debuttato alla regia alla veneranda età di 75 anni. Produzione inglese da una pièce teatrale di Ronald Harwood (che è che sceneggiatore), Quartet racconta le divertenti vicissitudini di un quartetto di cantanti lirici che tenta di ricomporsi per partecipare a un concerto organizzato dalla casa di riposo per musicisti che li ospita. Sentite puzza di naftalina? E non avete capito nulla. Non siamo dalle parti del capolavoro, la regia è di maniera, ma c’è ritmo, si ride, si sorride, sul finale ci si emoziona anche un po’ e il cast, composto peraltro da tanti ex musicisti e cantanti, è perfetto. Maggie Smith illumina la scena, Sheridan Smith è stata ufficialmente (da me) eletta Miss Tette del tff (Quartet inaugurava il festival e lei era presente anche in Tower block, ma ne riparleremo). Uscita a gennaio in Usa, Gran Bretagna e, a quanto pare, anche Italia.


martedì 11 dicembre 2012

c'è un tempo d'aspetto, come dicevo


Penso che ammuccarsi sia un gran bel verbo. Non lo usavo dai miei vent’anni, ritrovarlo tra le pagine di Così in terra di Davide Enia (romanzo amatissimo) ha avuto il suo perché. Il weekend non è stato soltanto Michel Gondry, è stato anche l’ambulante del Maghreb che meriterebbe un post a parte, con il suo disperato umorismo e l’accento piemontese. È stato anche la mostra di Degas tentata il sabato a un orario impossibile, fermati da due uscieri simpatici quanto svegli: per niente. Ci siamo rifatti domenica, e poi via verso casa, nel lettore dvd Cosmopolis di Cronenberg. Ne parlo? Ne parlo. C’è un fascino sottile, un’ironia selvaggia, un erotismo sfuggente, una recitazione volutamente piatta e algida che ti si schianta sullo stomaco insieme a dialoghi surreali eppure così tanto legati alla realtà. C’è una limousine e ci sono le coincidenze con Holy motors: possibile siano solo coincidenze? E, soprattutto, esistono le coincidenze? A me il finale in cui Benno spiega al protagonista che ha perso i suoi soldi perché nei mercati cercava l’armonia e invece doveva ispirarsi all’asimmetricità della sua prostata mi ha fatto morire. È ufficiale: ci ha messo un po’, ma la peperonata Cosmopolis è stata digerita.


lunedì 10 dicembre 2012

get on the bus


Michel Gondry è tornato, ma non se n’è accorto nessuno: The we and the I è, in effetti, molto poco gondryano. C’entra poco anche Spike Lee: ho chiamato il post così perché l’idea di girare tutto su un pullman mi ha ricordato quel film lì. L’operazione era rischiosa: prendi degli studenti veri, li tiri fuori dal Bronx e li cacci davanti a una macchina da presa a recitare, o forse no, chissà. I ragazzi salgono, soprattutto scendono, il noi diventa man mano io, il gruppo si trasforma in casuale unione di singoli, ciascuno con la sua storia. Superata una parte iniziale quasi insopportabile, durante la quale avresti voglia di spaccare le gengive ai bulli di turno, il risultato è godibile, non somiglia né a una recita scolastica né a una terapia di gruppo. E i ragazzi sono proprio bravi. Visto al Sottodiciotto di Torino con la ms e la tiz in una sala non del tutto piena; nessuna previsione di uscita italiana.


venerdì 7 dicembre 2012

solo sospiri e lamenti, lividi viola qua e là


Beh, lo ammetto, mi son distratto un attimo: colpa di Pink, che non ho mai capito cosa ci trovo in quella truzzetta bionda, eppure mi piace. Insomma, il simpatico donnino è uno dei tanti buoni motivi per vedere Thanks for sharing, film che in Italia uscirà prossimamente con l’incommentabile titolo di Tentazioni (ir)resistibili, distribuzione Minerva (coglione di riserva?). Si tratta di una commedia ben scritta, divertente e mai volgare su alcuni drogati di sesso che fanno terapia di gruppo: il fatto che due di loro si chiamino Mark Ruffalo e Tim Robbins vi ha invogliato ulteriormente? No? Ok, ci sono un paio di scene con Gwyneth Paltrow in mutande e reggiseno. Convinti? Ecco, allora in terapia poi andateci anche voi, eh.


giovedì 6 dicembre 2012

un altro impegno è possibile


Dimenticate Amnesty, il valore sociale, l’importanza politica e altre menate che vi ammanniranno a proposito de La bicicletta verde, primo film saudita diretto da una donna, in uscita oggi in Italia. Quando ho deciso di vedere Wadjda (questo il titolo originale, si pronuncia Ueshdà), due sabati fa all’alba, non ne sapevo quasi nulla ma ero prevenutissimo, temendo la classica lamata da festival (in fondo, prima del tff, era passato a Venezia). La storia di una bambina (Wadjda, per l’appunto) che sogna di comprarsi una bicicletta in un Paese in cui le donne non possono fare un cazzo di niente? Pensavo di tagliarmi le vene. E invece Haifaa Al-Mansour, nonostante i temi affrontati, mantiene una leggerezza e un’ironia inaspettate e dimostra che si può far riflettere senza massacrare le gonadi. Mai stucchevole, la protagonista, Waad Mohammed, con la sua faccetta da cartoon è adorabile.


mercoledì 5 dicembre 2012

terapia di coppia


Dopo aver visto Ruby Sparks fa un po’ strano sapere che Paul Dano e Zoe Kazan stiano insieme per davvero. Che lo so che ne ha già parlato chiunque, ma adesso vi mettete qui buoni e vi sciroppate anche le mie considerazioni. Non ho visto il trailer, non so come sia stato venduto, ma sappiate che, superato lo scoppiettante inizio da commedia fantastica-sentimentale buona per eterne adolescenti dal fazzoletto facile, il nuovo film di Jonathan Dayton e Valerie Faris (altra coppia nella vita, peraltro) diventa una roba seria. Tosta. Imprevista. E notevolmente bella. Da vedere con la persona che si ama. O che si crede di amare. Sceneggiatura della stessa Kazan, riusciti camei di Banderas, Elliott Gould e Annette Bening (cui la maturità giova anche fisicamente). Ah, è al cinema da domani.


martedì 4 dicembre 2012

piccole donne crescono


Premio alla migliore attrice del tff (Aylin Tezel), Am himmel der tag (titolo internazionale Breaking horizons, vogliamo scommettere su quello italiano?) è un po' un film da festival, diciamocelo. Ma contrariamente a Shell, si fa vedere con piacere. La regista Pola Beck è una cosettina bionda alta un metro e un cazzo a cui, vista da lontano, daresti dicott'anni e invece ne ha trenta. Il film è la storia di una ragazza che vorrebbe essere zoccola come la sua amica del cuore ma non gliela fa, rimane incinta e decide di tenere il bambino. Detto così, ci si accoltella. In realtà, il film funziona. Difficile che arrivi in Italia. Fosse stato francese ce lo saremmo trovato nelle sale dopo un mesetto, magari basta aspettare sulla riva del torrente.


lunedì 3 dicembre 2012

pompa


Tornai. Come da dove? Dal Torino Film Festival. E un po' mi scoccia ma, fra tanta roba bella, sto sul pezzo e comincio parlando del vincitore immorale di quest'anno, Shell di Scott Graham. Che insomma, se film da festival doveva essere, se proprio bisognava premiare una lamata (strana scelta, mr. Sorrentino, speravo in un po' più di coraggio), avrei scelto Am himmel der tag, un bel film tedesco che s'è dovuto accontentare del premio alla migliore attrice (ne parlerò, tranquilli). Shell è la storia di un padre e una figlia (Shell, appunto) che gestiscono una stazione di servizio in mezzo al nulla delle Highlands. Clientela: qualche turista minchione e un paio di aficionados che naturalmente ci provano (e a volte ci riescono) con la ragazza; ragazza che però – sorpresona inedita, eh? – è innamorata persa del padre. Madre non pervenuta, scappata da quel posto dimenticato da dio tanti anni prima. Finale tragico. Non brutto, ma fastidiosamente preconfezionato, sgradevole, déjà vu. Buone possibilità che arrivi in sala.