giovedì 31 gennaio 2013

vietato ruttare


In questi giorni mi è toccato spulciare alcuni siti di birrifici e mi sono sentito come se bazzicassi su youporn (ma con molta meno soddisfazione). Sei maggiorenne? mi chiede uno. Cliccando dichiari di avere più di 18 anni, dice la schermata di un altro. E io mi annoio. E mi deprimo. E penso macheccazzo. E mi chiedo che cos’è diventato questo piccolo piccolo paese che sguazza fuori dalla realtà. Dove metti una pecetta sulla fica come 40 anni fa mentre divieti e chiese e frustrazioni, quelli sì, continuano a condurre dritto ad alcolismo, pestaggi “d’onore”, gravidanze a minchia.


martedì 29 gennaio 2013

cosa sono le nuvole


Quando ero piccolo amavo le costruzioni, ma finivo sempre per incazzarmi quando il risultato non era quello mostrato nelle scatole o non bastavano i pezzi. Poi, crescendo, decisi che nel caos c’era una logica e che lego e playmobil potevano non solo convivere, ma che era bello metterci insieme animali e soldatini e macchinine e che le regole le facevo io. Che dire, fare dio mi piaceva. Ora, guardando Cloud atlas mi è tornata in mente questa cosa. Perché il film di Tom Tykwer, Lana e Andy Wachowski (e ancora prima il romanzo di David Mitchell), poteva essere un’accozzaglia indigesta di roba (o un’accozzaglia di roba indigesta, fate voi) e invece ha proprio nell’essere ibrido il suo punto di forza. Dopo un inizio da emicrania, il film decolla e le sei storie incrociate che raccontano in fondo ciascuna una storia di schiavitù diversa (tratta dei negri, convenzioni sociali, petrolio, paure, vecchiaia, religione...) scorrono gustose per 165 minuti senza che si guardi l’orologio. Bentornato dunque ai tre registi che non ne azzeccavano una da secoli. Nel notevole cast Tom Hanks torna a fare la sua porca figura dai tempi di Charlie Wilson, ma meritano e tanto un po’ tutti, da quel vecchio satiro in gran spolvero di Jim Broadbent a un sorprendente Hugh Grant, da quella stragnocca di Halle Berry perfetta nel segmento anni Settanta a una Bae Doona che dà il suo meglio nella parte futuristica, fino alla sempre più adorabile milf Susan Sarandon.


lunedì 28 gennaio 2013

epifanie


E poi arriva un weekend atteso, un’occasione ghiotta. Dopo un po' di tempo che la ms e io non incontravamo dal vivo più nessun blogger, addirittura bussano alla nostra porta, mangiano al nostro tavolo, dormono sul nostro divano la middle e Filippo. Filippo in realtà no: lo stronzissimo, approfittando del fatto che lo amiamo comunque alla follia, si è dato all’ultimo minuto. Che si sappia, non ci arrendiamo: prima o poi lo si stana. Ma dicevo: la middle. Che è la bella donna che immaginavamo. Ma non bella perché gnocca e basta, troppo facile, lì son capaci quasi tutte. Una bella persona anche dentro, una che in fondo ci sembrava di conoscere già. Una che guarda con curiosità che libri-cd-dvd hai e già con questo guadagna quei mille punti di bonus. Una con cui legare pranzo e cena con le chiacchiere e occazzo è tardi che fra un po’ arriva poison. Perché oltre alle ciacole e alla curtura (la mostra di Carlo Carrà ad Alba insieme a un mezzo migliaio di carampane), non ci siamo fatti mancare il cibo e l’alcool, anche in compagnia di miss po’ e di Sua Bionditudine, dall’aperitivo in San Salvario al mitico Beppe (senza Beppe), dal ristorante birrario fico al giapu torinese con cameriere fico. E sì che la middle è astemia...

giovedì 24 gennaio 2013

l’amore ai tempi della malattia


Nell’uggia di un’invernale domenica pomeriggio milanese, circondato da una folla di carampane scampate a A royal weekend nel cinema con la fissa del Rocky horror, ho affrontato Amour. Ora, Michael Haneke, piaccia o no, è uno che suscita reazioni. Tipo mavaacaghér, guardando La pianista. O manonstaremoesagerando?, scorrendo il numero dei premi vinti a Cannes. O ancora, maminchia!, se ripenso alla maggior parte dei finali. Detto questo, a me Haneke piace. Con moderazione, ma mi piace. L’avrei preso a testate dopo La pianista, ma questo è un altro discorso (del resto, dopo Il nastro bianco, barba o no forse l’avrei baciato). Stavolta, la storia di amore, dedizione, malattia, morte, di cui è protagonista la coppia di anziani insegnanti di musica interpretata con un’intensità mai urlata da Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, pur glaciale ed essenziale com’è nelle corde del regista austriaco, è di quelle che ti rimangono dentro. E persino il finale maminchia! è notevole.

mercoledì 23 gennaio 2013

paroliamo


Che poi io capisco: conti un cazzo, nel tuo ufficetto openspeis. Il caporedattore con l’occhietto da gattoelavolpe ti suggerisce un pezzetto sulla mania del momento e tu, googolando, ruzzli verso l’abisso: alcune parole riconosciute dal giochino non esistono. Fonte: livorosi ignorantelli incapaci di fare più di 900 punti a partita, immagino. Perché se le parole le cerchi sullo Zanichelli, sorpresa, le trovi. Le usa solo più il signor Zanichelli (mi sembra di sentirlo strillare alla moglie «Arri, vedi di non farmi irco che mi fai aumentare l’itto!»), però esistono. La parola che invece mi viene fuori come un rutto leggendo queste minchiate sul sito del Corsera è «cialtroni»: nove lettere, con un DW o un TW praticamente mi risolve la partita.


lunedì 21 gennaio 2013

e i cattivi non sono cattivi davvero


Ci sono registi che scatenano il nerd cinefilo segaiolo più di altri. Penso a Tarantino, ad esempio, o a Wes Anderson. Prendi Moonrise Kingdom: se vuoi, puoi vivisezionarlo per ore, continuerà ad agitare le zampette mentre schizza vita da ogni parte, e mentre stai lì a pensare ai colori da super8 e alle canzoni di Françoise Hardy, lui ti strillerà «Sono soltanto uno dei migliori film americani del 2012, coglione!». La storia d’amore e di fuga da un mondo di adulti falsi e insulsi dei dodicenni Suzy e Sam (meravigliosi Kara Hayward e Jared Gilman) è poesia, è divertimento, è emozione, è 95 minuti di godimento fisico e spirituale. Un film che probabilmente andrebbe visto in famiglia, genitori e figli insieme, al posto delle solite cacate natalizie. Dialoghi da stato di grazia, adulti deprecabilmente perfetti con nota di merito per la sciattissima coppia di avvocati Bill Murray-Frances McDormand e per la spietata Tilda Swinton Servizisociali. Doppiaggio discutibile, scelta buffa se non ridicola di lasciare in inglese la voce narrante dei dischi sulla musica.

mercoledì 16 gennaio 2013

dio ti vede, ma stalin ti dà consigli di cuore


Mai dire mai. Quando durante il Tff ho messo in calendario The pervert’s guide to ideology ero convinto di aver fatto una mezza cazzata: un documentario di due ore e mezza sulle ideologie con la voce narrante di un filosofo-psicologo lacaniano? Da spararsi nelle palle dopo dieci secondi netti. Niente di più sbagliato. Perché Slavoj Žižek è un mito, nonostante quel facciotto leggermente strabico e quella pronuncia da Zuzzurro a scuola d’inglese. Come mai? Perché ha un ego gigantesco e una grande capacità comunicativa, caratteristiche per le quali molti suoi grigi colleghi lo odiano. Certo infila Freud a ogni piè sospinto e alcune teorie sono abbastanza azzardate, ma è stimolante ripensare, anche vivaddio senza essere d’accordo, a certi film, certe pubblicità, certi messaggi politici attraverso nuove chiavi di lettura servite con ironia, intelligenza, leggerezza. La regia di Sophie Fiennes (sì, è sorella dei suoi fratelli...) è più curata di quello che possa sembrare (geniale la ricostruzione delle location). Della stessa coppia, da recuperare (e io l’ho già fatto) The pervert’s guide to cinema, peraltro disponibile in dvd anche in Italia.

lunedì 14 gennaio 2013

essere genitori oggi (non più cagafigli)


No, io della chiesa non parlo. Né delle vacche impellicciate che pascolano in piazza San Pietro. Mi annoiano gli omofobi che non sanno di essere gay e, per quello che mi riguarda, il moige si potrebbe cancellare con una fiammata di napalm, se solo inquinasse meno. Il post, come sempre più spesso questo blog, parla di cinema, l’unica certezza di questi tempi cupi, caldo utero dei momenti bui, fresco abbraccio delle ore felici, amante sempre presente e sempre diversa, in una parola: una ficata. Tuttavia il cinema racconta il presente, e a volte ci si scontra. Prendiamo La bottega dei suicidi, che la commissione censura (diosanto, esiste ancora) voleva vietare ai 18 anni, salvo poi fare una patetica marcia indietro. Certo non è un cartoon per bambini, perché, al di là del messaggio positivo, bisognerebbe far digerire loro un tot di cose sperando che nel frattempo non si annoino. Ma se hai 12-13 anni e, accanto ai film d’azione e a quelli che te lo fanno venire duro (a quell’età va bene anche Twilight), hai voglia di vedere qualcosa di un po’ più furbo, beh il film di Patrice Leconte potrebbe piacerti, specie la riuscitissima parte in cui la ragazzina complessata scopre di sentirsi bella, complice un cd e un foulard. E comunque non si capisce quale sia il compito dei genitori, se all’educazione dei figli devono pensare tutti tranne loro. Come? Ah, già, crescete e cagat... moltiplicatevi.


venerdì 11 gennaio 2013

dio c’è (e si diverte a percularci)


Considerato il pubblico alle mie spalle, è un bene che Vita di Pi mi sia piaciuto. Tre ragazze di varie età per l’intera durata del film hanno alternato tre esclamazioni: che schifo (la iena che mangia la zebra, Pi che mangia il pesce crudo), cheddùci (che dolce, che carino, detto a qualsiasi animale tranne la iena), mischino (poveretto, in genere all’indirizzo di Pi ma anche della tigre, dopo un po’). Ah, sì, ero a Palermo. Comunque, parliamo di cose serie. Del romanzo di Yann Martel la DRFM mi aveva parlato bene in tempi non sospetti, ma della trama in dettaglio sapevo poco o niente, a parte il fatto che c’erano un ragazzo, una barca e una tigre: praticamente l’inizio di una barzelletta. Poi il libro l’ho dimenticato, ma ho seguito con curiosità l’avvicendarsi dei registi indicati per la trasposizione cinematografica, tanto più ai tempi avevo una passione assoluta per M. Night Shyamalan. Ang Lee non è propriamente tra i miei registi preferiti: ho amato gli esordi e, successivamente, i film che hanno fatto schifo al cazzo a quasi tutto il mondo (Tempesta di ghiaccio e Hulk), mentre ho trovato sopravvalutati Brokeback Mountain e Lussuria. Ma Vita di Pi funziona, e tanto: esteticamente, per cominciare, perché la bellezza compositiva di certe scene lascia veramente a bocca aperta, con o senza 3d. E funziona per la costruzione della trama, che scorre in crescendo per 127 minuti e culmina in un finale notevole e non scontato. Infine, la ricerca del divino, che tanto preoccupava i miei allertati sensi antinewage, arricchisce il racconto senza appesantirlo per nulla.


giovedì 10 gennaio 2013

ma quando ho visto basic instinct mi sono vergognato di più


Premessa: a me I soliti idioti piacciono da sempre. In tv sono stati una rivelazione. Il primo film l’ho visto in dvd temendo le peggio cose e trovandomi invece quasi soddisfatto allo scorrere dei titoli di coda: una cosina simpatica, “funzionante” e, soprattutto, divertente, almeno per i cultori della serie. Quest’anno mi sono detto “esageriamo” e, appena tramontata la buriana delle feste, un pomeriggio postcapodannesco sono andato a vedere I 2 soliti idioti nientemeno che al cinema. Ebbene, è davvero triste come Biggio e Mandelli abbiano buttato alle ortiche le buone premesse del primo capitolo, invanzinando il tutto: il film fa ridere pochissimo e ammicca continuamente non solo ai ragazzetti ’cudiga! che vorrebbe bastonare ma anche al pubblico più maturo (?!?), pescando a mani basse tra Jeeg Robot e Karate Kid. Per non parlare di qualche gioco di parole davvero stupido, di qualche sciatteria nella confezione (Teocoli morto respira ancora) e delle riprese sparagnine (volete girare per forza a Milano? sappiate che esiste un altro migliaio di strade...). Peccato.


mercoledì 9 gennaio 2013

ammazzacaffè


Primo: l’inglese parlato dagli scozzesi è comprensibile come l’attizzamento di fronte a un porno di saratommasi, cioè manco per niente. Secondo: ho visto un film di Natale a Natale. Che credo non mi capitasse da un po’. Insomma eravamo lì a Bologna dopo pranzo, cosa si fa, cosa non si fa, il Lumière è vicino, sì, vada per Ken Loach: autore che amo pressoché sempre, di cui ho compreso ma non condiviso il recente incaponimento antitorinese, e che soprattutto qualche anno fa mi ha ispirato uno dei migliori post di questo blog. La parte degli angeli (cazzo, una traduzione perfetta! come mai?) è una favola divertente, magari un po’ buonista, ma che racconta con onestà e convinzione le nubi di ieri sul nostro domani odierno. Da applauso gli attori, a cominciare dal protagonista Paul Brannigan, il quale ha una storia personale mica da ridere: fa un po’ impressione sapere che, per certi versi, somiglia a quella del suo personaggio. Che dire? Si esce col sorriso sulle labbra, un rivolo di ottimismo che ti scorre nelle vene e un desiderio irrefrenabile di whisky (galore, if possible).

P.S.: da oggi questo blog ha anche una email dedicata. E prima o poi avrà anche un widget fatto con le mie manine...


martedì 8 gennaio 2013

il tutto è falso, il falso è tutto


L’ho già detto di diffidare dei trailer? L’ho già detto, ma alla mia età si cominciano a ripetere le cose, che volete fare. Avete presente quella roba strillata e insopportabile che pubblicizza La migliore offerta? Ignoratela e andate a vedere il film, ché Tornatore stavolta ha fatto tanta roba. Atmosfere tra Una pura formalità e La sconosciuta, Geoffrey Rush in grande spolvero nel ruolo del battitore d’asta traffichino che per amore della ragazza agorafobica (la brava e gnocca Sylvia Hoeks) si libera delle sue fobie, dettagli mai lasciati al caso, costruzione della trama praticamente impeccabile. In più, quando sei quasi sicuro che t’incazzerai per qualche deriva melodrammatica, il buon Peppino ti rivolta la frittata sghignazzandoti in faccia che gli elementi per capire ce li avevi già tutti lì in bella vista. Vi siete persi? Bene, ché il tutto è spoiler, lo spoiler è tutto.


lunedì 7 gennaio 2013

però ho aggiornato twitter


Per chi non se ne fosse accorto, sono stato via. Che se ci penso, era il 24 quando è iniziato tutto, sono stato via un fottio di tempo. Nel frattempo il mondo è andato avanti, ho perso qualche centinaio di vostri post, è morto Valerio Negrini e a me spiace sul serio, la politica italiana è tornata a parlare del suo argomento preferito (il nulla). Ho visto un po’ di film di cui vi racconterò, partendo dalla bella favola di Ken Loach per arrivare all’inquietante Caótica Ana che giaceva in attesa nell’hard disk da un bel po’. A Natale siamo tornati sul luogo del delitto, ma come dice Guccini «non bisognerebbe mai ritornare» perché si sa che non è mai lo stesso anche se uno sotto sotto vorrebbe pensarlo. Le cose cambiano, non sempre in peggio, non sempre in meglio, a volte cambiano soltanto. E servono a volte a darti una sveglia che non ripeta ad libitum Good day sunshine. Poi il mio ammmore, quella stessa donna meravigliosa che mi ha regalato l’abbonamento a Internazionale, mi ha condotto in aeroporto ed è iniziata la mia vacanza palermitana. Ora, è ufficiale: con la rassegnazione, l’arroganza, l’anarchia fine a se stessa, la sporcizia, i figli fricchettoni degli ex nobili i cui figli hanno nomi sospesi fra il Gattopardo e la revolución, non riesco più a conviverci. Poi per fortuna ci sono il mare d’inverno come fosse estate, i miei fantastici nipoti, P. cui la mia cultura deve da sempre moltissimo, F. e M. con il loro splendido bambino che mi fanno sentire a casa anche da malatissimi, il M. che ha fatto un matrimonio un po’ di m. (facile battuta, lo so) ma che è il M. e si è sposato e quindi come avrei potuto mancare?