venerdì 25 aprile 2014

east but almost least: tui na


Ero già un po' perplesso e la mia scelta, se devo essere sincero, è stata più che altro un ripiego nel momento in cui non ho trovato un biglietto per Boyhood (che peraltro non ha ancora una distribuzione italiana, gesussanto!). Insomma ero a Berlino, in un pomeriggio un po' uggioso un po' no, e ho deciso scientemente di vedere Tui na. Per chi non lo sapesse, il tui na (la dico spiccia, non abbiatevene a male) è la versione cinese dello shiatsu. Io lo sapevo già perché, anni fa, conoscevo un tipo che mi aveva aggiustato il collo in questo modo. Chiusa parentesi riporto sei (oh guarda, qualcuno l'ha capita! ma quanta gente vecchia c'è che mi legge?), parliamo del film e del perché stia in questa simpatica rubrica sul cinema orientale da evitare. La storia è quella di un centro massaggi: e su, dai, non pensate porcate, qui si fa sul serio! Tanto sul serio che i massaggiatori lì sono tutti professionisti e (oh, so' orientali!) ciechi o ipovedenti... Il film, un po' mockumentary un po' no, racconta le loro storie, i loro desideri, le loro paure, senza indugiare (per fortuna) sul patetico: insomma sembra la versione seriosa di Scrubs. Detto così non sembra neanche male, e quando si concentra sull'amore impossibile (o forse no) tra uno di loro e una prostituta che lavora in un bordello poco distante, il film di Lou Ye gioca le sue carte migliori. Ma è lo stile che è insopportabile: non abbiamo bisogno di immagini sfocate, buie, mosse o accennate per immedesimarci nei protagonisti, è un espediente, un di più che puzza di fuffa lontano un miglio. Eppure dev'essere fuffa ben riuscita, se la giuria s'è talmente fatta prendere per il culo da affibbiargli l’Orso d’argento al miglior contributo tecnico. Diffidate.

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