giovedì 31 luglio 2014

quentin chi?


Allora, cominciamo dall’inizio: Tarantino, a dispetto di certe critiche miopi quanto Mr. Magoo, non c’entra una beata fava. Tuttalpiù c’entra Tarantini, Michele Massimo, indimenticato (?) autore di un cinema di genere che non esiste più. Esattamente come Mario Bava, che oggi avrebbe compiuto cent’anni e che la solita cricca dei blogger cinematografari omaggia oggi con una serie di recensioni. Tipo la mia. Nella fattispecie, Cani arrabbiati. Film del 1973, quasi invisibile fino al 1995 (data di uscita del dvd) e trasmesso ufficialmente in tv solo nel 2004. Dici: perché? Boh. Misteri della fede. Comunque, uno dei migliori film del Maestro, conosciuto più per i suoi horror, ma che, probabilmente, con questa pellicola si mostra molto, molto più avanti di tanti del suo periodo. Liberamente tratto da un racconto di Ellery Queen (sì, il finale a sorpresa è uguale…), Semaforo rosso (titolo dato alla messa in onda in tv che a me fa pensare a quella hit di Cicciolina che io adoro!) è la storia di tre balordi (il quarto muore subito) che, dopo una rapina, sequestrano una donna e un uomo con il figlio infermo. Comincia così un road movie piuttosto malato in cui la povertà di mezzi diventa quasi virtù. Se la sceneggiatura non sempre convince, brillano le interpretazioni che non ti aspetti: Maurice Poli nella parte dell’unico uomo “normale” (?), il gigante bello e psicopatico George Eastman (ovvero Luigi Montefiori, attore, regista, produttore e scrittore da Cannibal holocaust a Il maresciallo Rocca), ma soprattutto Don Backy, sottoutilizzato come attore quanto sottovalutato come cantante, qui perfetto nel ruolo. Riccardo Cucciolla, poi, si ritaglia una parte insolita, proprio lui con quella faccia da vittima e buon padre di famiglia, pronto a narrare, con la flemma di un figlio di Piero Angela, qualsiasi documentario dell’epoca. Violento, bastardo, imperdibile.


Ovviamente partecipano al Mario Bava Celebration Day anche questi tizi qui:

Director's cult
La fabbrica dei sogni
Non c'è paragone
Recensioni Ribelli
Scrivenny

mercoledì 30 luglio 2014

italianiiii


Eh, oh, quanno ce vò ce vò. Perché il film di cui vi parlo oggi, complice il War No More organizzato dai soliti blogger «che siamo noi» (vedi banner a sinistra), è una cosa speciale. Una piccola grande croce che mi sono appioppato da solo causa guasto al computer (come sta? bene, grazie, si è ripreso ma non si ricorda un cazzo di chi era prima). Puntavo a Giardini di pietra di Coppola, che non ho mai visto, o a Streamers di Altman, che vidi millemila anni fa quando la tv serviva a qualcosa, ma non potendo streamizzare o scaricare una fava, ho ceduto. Uh se odio parlare dei capolavori! Perché cosa dici che non abbiano già detto tutti? Va beh, però La grande guerra l’ho rivisto quasi di recente, accanto allo sguardo vergine e conquistato della ms che non lo conosceva. E cazzarola! Insomma, secondo me il film di guerra italiano più importante insieme a Roma città aperta, Tutti a casa e I due marescialli (non scherzo, ne sono convinto!), nonché vincitore ex aequo di Venezia nel 1959 con Il generale Della Rovere. Uno dei film di Monicelli più riusciti, proprio perché giocato su un azzardo assoluto: un tema serio e ancora bruciante come la guerra affidato alla presenza di due mattatori della commedia. Il Sordi provinciale, bastardo e vigliacco dei suoi film migliori, e un Gassman che, sebbene considerato ancora un attore drammatico, con I soliti ignoti, l'anno prima, aveva spiazzato tutti. E poi, finalmente, un film (sceneggiato da Age, Scarpelli e Vincenzoni, micacotiche…) che distruggeva l’idea dell’esercito italiano valoroso, implume e ancora vagamente fascista: no, si trattava di poverialloro (pugliesità, scusatemi), pieni di fango, con le scarpe di cartone, a bere la neve dove probabilmente qualcuno aveva pisciato poco prima. Umani, con le loro paure. E con le loro differenze, i loro dialetti: cazzo, era un secolo fa, Piemonte e Sicilia erano vicine come Torino e Kuala Lumpur! E poi, una commedia (?) in cui gli eroi muoiono: insomma tanta, tanta roba. E grande cast, perché oltre alla coppia perfetta, c’è Silvana Mangano prostituta senza troppi eufemismi, c’è Romolo Valli (IL teatro, almeno all’epoca), e poi Bernard Blier, l’immortale Tiberio Murgia, e il povero, allora neanche trentenne, Ferruccio Amendola. Non l’avete mai visto? E non vi vergognate?


In attesa della recensione di Full metal jacket da parte di questo simpatico omino qui, se ve le siete perse, leggete anche queste:

 "Il mestiere delle Armi" e Recensioni Ribelli con "Good Morning Vietnam" - See more at: http://cinquecentofilmisieme.blogspot.it/2014/07/war-no-more-starship-troopers.html#sthash.UtwO2a1u.dpuf

Solaris, inizia ieri 28 luglio, hanno debuttato lo stesso Solaris con  "Il mestiere delle Armi" e Recensioni Ribelli con "Good Morning Vietnam". - See more at: http://cinquecentofilmisieme.blogspot.it/2014/07/war-no-more-starship-troopers.html#sthash.UtwO2a1u.dpuf

martedì 29 luglio 2014

fratelli


Ho una passione, da qualche anno a questa parte. Abbiamo, perché anche la ms ce l’ha. Lei è rimasta folgorata dal Biografilm Festival di Bologna, io da Julien Temple al Torino Film Festival. Parlo dei documentari musicali. Così, quando quella donna specialissima mi ha detto «C’è questo film qui al The Space di Borgo Dora» io ho pensato subito «Sì» e solo dopo «Minchia, che cinema di merda!», immaginando (come poi in effetti è) un posto nel nulla dove non si mangia e non si beve decentemente né prima né, soprattutto, dopo. Il documentario in questione, a metà strada tra un’allegra terapia familiare (non scherzo sull’«allegra»), lo stile di Julien Temple e quello di Michael Moore più qualche sprazzo di probabile finzione, si chiama Mistaken for strangers, e racconta, in verità molto poco dal punto di vista musicale, molto dal punto di vista umano, del tour europeo di una band indie (?!?) americana di nome The National. Di cui ignoravo l’esistenza, ma che adesso so che mi piace. Il regista, Tom Berninger, è il fratello del frontman, anzi, di più, è la sua versione grassa, metallara e un po’ sfigata. Ovvio (?) che ne venga fuori un ritratto divertente ma complesso, a tratti emozionante, comunque intrigante. Che vi piaccia o no lo stile del gruppo (qualcuno fa paragoni con Nick Cave, ma francamente non mi pare), si tratta di un bel film, fatto davvero bene. Recuperatelo!

lunedì 28 luglio 2014

forever (neil) young


No, non sono sparito: lavoro matto e disperatissimo fino all’otto di agosto. Ma parteciperò ai blogathon come promesso. In più, non è che proprio la sera sia stato a fare i fili (espressione sicula che non credo necessiti di spiegazione…). La scorsa settimana, peraltro, è stata una settimana musicale. Al documentario sui National dedicherò un post domani, perché è molto più cinema che musica. E quindi parliamo di musica. Domanda: ma sono io che sto invecchiando o sempre più spesso ai concerti ci sono troppi telefonini e gente fuori di testa e sempre meno erba da respirare e cori più o meno stonati? Neil Young a Barolo è stata una bella esperienza uditiva (maxischermo non pervenuto per volere del cantante, vabbuò) almeno finché alle nostre spalle una specie di predicatore che diceva cose in parte sensate ma nel modo più inutile, sbronzo e sbagliato, si è scagliato contro un pubblico (effettivamente un po’) freddo. In ogni caso, io quelli che dicono che Collisioni sia male organizzata vorrei sapere il resto dell’anno che fanno. Parliamo della pioggia? Delle birrepiscio onnipresenti sponsor? Del fatto che, una volta entrati dentro al lunapark non se ne potesse uscire per mangiare o bere qualcosa di decente? Ok. Per il resto, grande manifestazione, di cui mi spiace aver visto poco. Neil Young? Quando parla, non si capisce un cazzo, Quando canta, sembra che da Harvest siano passati quattro anni, non quaranta e rotti. E le canzoni lunghissime, suonatissime, sono una gioia. Per le orecchie, solo per quelle, come dicevo prima. Venerdì poi è stata la volta dei Pet Shop Boys a Torino. Ché, se non fosse stato per la ms, probabilmente non avrei visto, perché li conosco ancora meno del cantautore canadese. Concerto iniziato tardissimo, con pioggia a intermittenza, dopo uno scrauso gruppo italiano che cantava in inglese e una tipa interessante quanto misteriosa che a me e alla ms ha ricordato Meryl Streep col nasone. Con i PSB mi sono divertito e, prima che cominciassero con le canzoni che conoscevo, a un certo punto ero quasi in trance, come in una discoteca all’aperto di un tot di anni fa. Loro sono sempre gli stessi, solo un tot di capelli in meno. Le ballerine, fantastiche, sembravano uscite da una coreografia di Valerio Lazarov: un tuffo nel passato ancora più della musica. Ma voi lo sapevate che I’m not scared (portata al successo da Patsy spallinacadente Kensit) l’hanno scritta loro? La musica della settimana non finisce qui, ma necessita ancora di un post a parte…

venerdì 11 luglio 2014

non so come finisce moby dick


No, non io. L’ho letto tutto il romanzo di Melville, nella traduzione di Cesare Pavese, vent’anni fa, e ne fui conquistato. La citazione è da un signor film, divertente come sanno gli irlandesi, drammaticissimo come sanno gli irlandesi, disturbante, che fa male, bellissimo. Uno di quelli che, per colpa della maledetta sinossi (tre righe per raccontare o per far passare la voglia di vedere qualcosa) ho saltato nella sezione Panorama di Berlino (sempre la più interessante) e recuperato fortunatamente adesso. Si tratta di Calvary, del regista John Michael McDonagh (quello di The guard), protagonista Brendan Gleeson (sì, il Malocchio di Harry Potter) nel ruolo di un prete incompreso che somiglia un po’ al don Giulio de La messa è finita di Nanni Moretti, scelto come innocente agnello sacrificale da una vittima di pedofilia. Insieme a Kreuzweg, la più bella rivelazione della Berlinale. Guarda caso, entrambi ambientati in ambito religioso. In Italia? Internet…

giovedì 10 luglio 2014

è qui che ci sono le donne nude?


Torno su Giorgio Faletti perché, come si dice, a pensar male si fa peccato ma si indovina. In questi giorni il corriere.it mette on line un'intervista inedita (e sottolinea "inedita") al comico-scrittore-cantante ecc... Qualche mese fa era un periodo, per chi non lo ricordasse, in cui, con la scusa del revival anni Ottanta, il Corrierone (?) cercava di far dire ai comici di Drive In quanto fosse greve (?) e sessista (?) quella esibizione di tette e di culi. All'epoca. Vabbè, ci siamo capiti: redazione di segaioli di mezz'età senza neanche la scusa dell'estate. Ecco, Faletti (a parte il momento di smemoratezza sul nome del geniale Enzo Trapani) se ne uscì con una signora disamina. Senza abboccare, e senza fare gnanca un plissé. Da ascoltare. Chissà com'è che non è mai andata on line prima...

martedì 8 luglio 2014

notte horror: vamp


Ma Robert Rodríguez e Quentin Tarantino, nel 1986, per caso, videro un film che si intitolava Vamp? Perché quei due o tre punti di contatto (esclusi violenza esasperata, criminalità, ritmi serrati...), Dal tramonto all'alba ce li ha. Beh, comunque, sai quando hai la curiosità di un film qui? Sì, qui, guardami, proprio in gola. Uno di quei film di cui hai vagheggiato da gggiovane e che poi sono scomparsi nel nulla? Ecco, Vamp. Ma siccome questa è Notte Horror in versione reload, lascio la parola al mitico Zio Tibia.
Salve, ahem, piccoli zombetti miei! Maltrovati, ah eh! Come state? Ehm, bene? Peccato. Ahah... Ehm, ve la ricordate Grace Jones, eh ah? Dunque, ehm, eheh, sì, quella gnocca nera di quando eravamo giovani? Sì, di quando ero giovane io, doveva essere il mille... oddio, vabbè, eheh, non mi ricordo più. Beh, nel film in questione è una vampira. Insomma, anche un po' zombie. O licantropa. Eh eh, bene non sta, insomma. E balla tutta nuda (quasi eh, eheh) in un locale di spogliarelliste dove vanno tre sfig... tre ragazzi che vogliono ehm, ahm, come si dice? noleggiarla, ecco sì, per uno spettacolino nella loro confraternita universitaria. Ah, e nel mezzo c'è una gang capeggiata da un marcantonio albino, eheh. Come va a finire? Ahah, ehm, indovinate. Ah, ma c'è anche la sorella sfig... meno fortunata di Michelle Pfeiffer, ma lei non è una vampira, almeno, ehm, credo, ahahah... Insomma, ci si diverte da morire ahahahah... Il regista... sì insomma, sono parole grosse, è Richard Wenk, quello che ha sceneggiato The expendables 2 e il remake (ce n'era - ehm eheh - proprio bisogno?) di Professione assassino. Buona visione, zombetti miei, e vi auguro ogni cosa di peggio – ahah - che vi possa capitare...
  

Per chi si fosse perso le prime recensioni della Notte Horror Special Blog Edition:

Dovevi essere morta su Il giorno degli zombi
Brivido su Solaris

Di seguito i prossimi appuntamenti...

intervallo


In attesa del secondo appuntamento con Notte Horror Special Blog Edition, dalle 21 con Solaris, dalle 23 col sottoscritto, vogliate gradire questo simpatico, allegro, ottimistico florilegio tratto dalle statistiche del mio blog. Fa più paura di Brivido, sicuramente più di Vamp, specie se letto di seguito...


(e Altan, come sempre, ha previsto tutto...)

lunedì 7 luglio 2014

ca custa lon ca custa


Strana la Val d'Aosta. Così città e così montagna. Piena di soldi e di polo con i colletti in su quasi come a Bari. Dove si mangia e si beve un sacco di Toscana. Dove ci si vergogna dei vini (buoni) e si promuovono le birre (per fortuna altrettanto buone). Con i turisti tutti allo struscio, al massimo ai castelli, mentre le mostre non se l'incula nessuno, tanto che viene voglia di fare due parole con i guardiani. E poi questo tempo che ci somiglia, un po' caldo un po' freddo, un po' sole sulla pelle un po' Carmagnola sulla via del ritorno, a volte come quella giacca di pelle mollata nel bagagliaio. Bel weekend, che ci vede pure in partenza. Sì, manca un mese e mezzo, ma è un po' già vacanza, dentro. L'ultima volta, era un secolo fa, Bard non aveva quei fantastici ascensori. Cos'avranno girato di The age of Ultron? Chissà. Intanto Picasso e Larrain. No, poison, non il regista, sta' tranquilla. È cileno pure lui, ma si chiama Sergio ed è un fotografo spettacolare. Ad Aosta, se vi capita e se volete scrostare dalla noia brava gente pagata per star lì, ci sono le foto di moda di Gian Paolo Barbieri. Dove Audrey Hepburn, vestita in modo assurdo, è sempre bellissima. Dove c'è una splendida sosia di Uma Thurman: non è lei, visto che all'epoca aveva due anni. E dove una Bellucci di dieci anni fa (s)vela i suoi ricci più nascosti.

venerdì 4 luglio 2014

porchilmondo


E insomma dispiace un bel po’. Perché a me Giorgio Faletti ha sempre divertito proprio tanto. Vito Catozzo in primis, ma anche il testimone di Bagnacavallo e il mattomattomatto col suo giumbotto. Per non parlare di Franco Tamburino all’interno di quello strano miracolo tv che fu Emilio. Poi l'ho scoperto come autore di canzoni. No, non le canzoncine sceme (per quanto «Le donne vanno e vengono lungo il viavai del porto…» sia un delizioso e brevissimo flash comico), non la retorica di Signor tenente, ma quella piccola perla d'album che è Il dito e la luna cantato e suonato da Angelo Branduardi. Al cinema, curiosamente, ha credo sempre fatto lo stronzo, ma niente di memorabile. Si piaceva, e probabilmente aveva un ego di discrete dimensioni: e questo gli italiani non lo perdonano a nessuno, tranne a se stessi e forse ai calciatori. I romanzi non li conosco: le persone più diverse me ne hanno detto tutto il meglio e tutto il peggio. Però Io uccido sta nel mio kindle da mò, tanto che adesso sembra quasi brutto infilarcisi, così.

giovedì 3 luglio 2014

la donna che cadde sulla terra


Ok, è di nuovo il momento del post impopolare. Avrei dovuto immaginarlo, troppi segnali contrastanti: da un lato commenti del tipo “non si capisce niente”, dall'altro l'87% di Rotten Tomatoes; da una parte critici illustri (?) troppo intenti a parlare di passera (in realtà monte di venere) e poco di film, dall'altra una serie di riferimenti cinematografici che mi stuzzicavano. Per farla breve: ero curioso, non sapevo bene cosa aspettarmi, ma a me Under the skin è piaciuto parecchio. Il nuovo film dell'inglese Jonathan Glazer (in passato un fottio di video e quel Birth che scatenò un insensato chiacchiericcio antipedofilia), tratto - pare molto liberamente - da un romanzo di Michael Faber che non conosco per nulla, secondo me merita tanto. Il titolo del post non è casuale: certi spunti ricordano il bellissimo film di Nicolas Roeg e l'ancora più bel romanzo di Walter Tevis. Scarlett Johansson è un alieno che “cosa” (asciuga? mangia? mette in salamoia? annienta?) uomini, finché non incontra prima una specie di elephant man, poi una sorta di “povero ma onesto” scappato da un film di Ken Loach; e da lì cominciano i suoi dubbi e i suoi guai. Certo, il regista la prende un po' larga, anche se la parte “documentaristica” sulle facce cittadine ha un che di struggente. E, sì, la scena della pozzanghera è di un simbolismo così sfacciato che ci azzecca come il ghiaccio nel Laphroaig. Ma la musica, la fotografia, il ritmo lento ma studiatissimo, la maschera imperturbabile e meravigliosa della Johansson, ne fanno una piccola perla. Ah, vederlo in originale va bene ma, sebbene ci siano pochi dialoghi, cercate i sottotitoli: lo scozzese è una lingua a parte.