martedì 9 settembre 2014

notte horror: l’aldilà


E insomma spiace, cari zombetti miei. Spiace che siamo all’ultimo appuntamento con Notte Horror (ma la rifacciamo il prossimo anno, sì?), proprio ora che l’estate stava iniziando (sarà un caso che qui è tutto un lampi, tuoni e allagamenti?). E spiace che a chiudere sia ... E tu vivrai nel terrore! L'aldilà (1981). Ve lo dico subito? Mi levo il pensiero? È una roba brutta. Piacerà a Sam Raimi, Quentin Tarantino e compagnia cantante ma… secondo me è una boiata. No, attenzione, non che sia brutta la storia: non sarà il massimo dell’originalità (l’albergo abbandonato, i fantasmi, gli zombie), addirittura leggo che si ispira, come The others, a Il giro di vite di Henry James (anche se non si capisce bene dove), alcune buone idee ci sono (la prima apparizione della ragazza col cane, il finale) ma è l’insieme che non funziona. Buchi nella sceneggiatura che ci passiamo in due, musiche ed effettacci scontati, attori esagerati ed esagitati (tranne il fin troppo compassato Michele Mirabella, non ancora formidabile alla radio con Toni Garrani, e tantomeno non ancora assopente con Elisir). Secondo me, l’avesse girato Dario Argento oggi, l’avreste lapidato. Certo, tanto splatter, per chi apprezza (io non apprezzo, ma giuro, sono super partes). Insomma preferisco il Fulci di Nando Moriconi, delle commedie con Buzzanca o Franco e Ciccio, del thriller geniale stile Non si sevizia un paperino, dell’erotico, malato e sottovalutato Il miele del diavolo.


E ora, volendo fare cosa buona e giusta, spero vogliate apprezzare, cari zombetti miei, il riassunto delle puntate precedenti. Buona lettura e, mi raccomando, fate tanti begli incubi!

Vamp 
Saw 
Una lucertola con la pelle di donna

venerdì 5 settembre 2014

niko ah


Il film su uno che cerca disperatamente di prendere un caffè: cos’è, la mia biografia? Così pensavo mentre evitavo a più riprese la visione di Oh boy. Poi ieri mi sono detto: ok, lo vedo. E insomma, l’inizio del primo lungometraggio di Jan Ole Gerster sarebbe perfetto... se al mondo non fosse esistito François Truffaut e se Woody Allen non avesse già dato di jazz e bianco e nero in film memorabili. Oh boy ha gli stessi modelli di Frances Ha, gli stessi difetti, gli stessi punti di contatto. Con l’aggravante che non si capisce bene dove vada a parare. E se tante cose sono riuscite (tutta la storia dell’attrice ex compagna di scuola, la parte finale – molto intensa - con il vecchio alcolizzato), altre sono poco più che abbozzate. E Tom Schilling, con quell’aria da Antoine Doinel dei ricchi, fa abbastanza incazzare.

giovedì 4 settembre 2014

la donna che visse nel futuro (dicono)


Omminchia: è questa la forza di Sound of my voice, opera prima del francoiraniano naturalizzato americano Zal Batmanglij. Perché, se anche a due terzi del film capisci dove va a parare (oh, io almeno l’ho capito), il finale ti spiazza comunque. Viaggio nel mondo delle sette, ben girato, asciutto (un’ora e mezza con un ritmo lento ma perfetto), questa strana opera di fantascienza (?), protagonista l'enigmatica Brit Marling, ti prende fino in fondo. Certo lo strambo saluto, finché non si capisce da dove arriva, fa ridere. Certo ci sono un tot di stereotipi, tipo la ragazzina narcolettica e più o meno autistica (ma quanto è brava Avery Pohl?) e la bellona (ma che naso ha Nicole Vicius?) che, dopo un passato da problematica strafatta, sta con il nerd (Christopher Denham) che sogna lo scoop della vita per riscattare una vita di solitudine e anonimato. Ma omminchia se si fa piacere.

martedì 2 settembre 2014

scrivi ragazzo scrivi


Come ho già detto, complice il viaggio a Cipro Nord, non ce l’ho proprio fatta a partecipare al Robin Williams day. È il momento di recuperare, e quindi parlo de Il mondo secondo Garp (1982), tratto dal romanzo di John Irving (di cui mi dicono un gran bene soprattutto per Preghiera per un amico, ma di cui non ho mai letto nulla) e diretto da George Roy Hill, anomalo regista che ha vissuto un grande inizio anni Settanta con Butch Cassidy e La stangata, ma che prima e dopo non ha mai trovato bene la quadra (andrebbe studiato un po’ meglio?). Il film in questione, che in Italia ebbe un’uscita ritardata e disgraziata solo grazie al successo di Glenn Close ne Il grande freddo, racconta di una possessiva infermiera e del suo figlio voluto in autarchia (Williams, per l’appunto) attraverso un bell’arco temporale. Lui decide di diventare scrittore quando si innamora, ma la madre lo smollerà solo quando risucirà a scavalcarlo a destra in campo letterario. Nel mezzo, crisi di coppie, femminismo esasperato, gente che spara un po’ ovunque e sempre, il passaggio dagli anni Settanta a Ottanta raccontati come una cavalcata al trotto, commedia e dramma che non sempre trovano il giusto equilibrio, un grande John Lithgow nella parte del travestito Roberta e un dolcissimo, quasi straziante, brevissimo cameo di Amanda Plummer. Prima parte deliziosa. A pensarci, è una delle più pacate interpretazioni del povero Robin Williams: niente faccette o esibizioni, solo Garp. Cazzo se ci mancherà, quell’uomo lì.

lunedì 1 settembre 2014

è stato via


Cioè io, sono stato via. Cipro Nord, anzi Repubblica turca di Cipro del Nord, come recita la noia della politica. Vacanza di otto giorni. Non ce l’ho fatta a partecipare al day di Robin Williams, ma domani recupero, è già pronto, pardon. Che dire? Mare meraviglioso, spiagge belle ma trascurate, tra le quali una, spettacolare, Kaplica, che è sabbia ma anche e soprattutto una roba di scogli piatti e ondulati, paesaggi paralunari che se non la vedi non ci credi. Compagnia della ms e di mr Cì. Compagnia di giro, sì, ma anche un po’ difficile, che ti credi? Quasi come le responsabilità, i passati non ancora passati, a volte prossimi, a volte remoti, o quasi come la guida a sinistra (occhio allo specchietto!). Cibo meno vario che a sud e non così buonerrimo, ma ussignur quel posto a Mehmetçik che a vederlo da fuori, così pacchiano e solitario non gli avresti dato mezza lira (turca) e invece abbiamo mangiato da dio. Posto segnalato dall’ometto grasso in motoretta, presumibilmente spinto dal resto del paese (o almeno così ci piace pensare) a darci una mano mentre giravamo intorno in cerca della zivania. Sì, così dice la guida Lonely (che sarà sempre più lonely, se continua così) Planet: Mehmetçik paese della zivania. Una grappa spietata come il sole d’agosto: però se è fredda è una dolce morte, giuro. E noi l’abbiamo trovata a casa di uno che ci ha pure rimpinzato di canditi o giù di lì (sapete che io di dolci ne capisco come di astrofisica?). E poi? Burhan e il suo piccolo albergo-regno, gran fico e gran simpatico, cene a lume di candela, camerieri con quella faccia (e quelle capacità) un po’ così: chissà se hanno mai visto Genova. Tartarughe viste attraverso gli occhi e la mimica della ms che mi sembrava di essere lì, in mezzo al mar (senza camin che fumano). Donne con le cofane e gli occhi bistrati, bellissime. Ma anche donne coperte da capo a piè ammollo all’acqua: meglio musulmane costrette dall’integralismo o certi coglioni con la maglietta a guidare spetazzanti moto d’acqua? Chissà. Sicuramente meglio gli asini, tanti, ma quelli veri, che ragliano, mangiano carrube e tentano di scoparsi in mezzo alla strada, cazzo vuoi, noi eravamo qui molto prima delle macchine e della tua elemosina di pane o frutta, tsk! E poi Lois, che io pensavo fosse una donna, come quella di Superman, e invece era un poliziotto. Ma la vera superwoman era sua madre, santa donna meravigliosa, con le sue colazioni spettacolari a Büyükkonuk, un posto dimenticato dal mondo ma non dagli uomini (uh, che roba antropologicamente triste era il bar “degli uomini”) e sicuramente non da un dio, sempre ammesso che esista (sono sempre meno agnostico, sapevatelo). Cos’altro? Evitare Bafra e la sua musica del cazzo, sorta di Rimini con i templi greci finti e i colori di una stazione di servizio: un incubo. Famagosta è bella, Girne è carina, Nicosia è meglio al di là del muro. Raki come se piovesse, apre la fame meglio della maria. Tzatziki finto (senz’aglio), polpette meravigliose, agnello da sentir bestemmiare un vegetariano. Patate fritte basta, almeno per un anno. E sentire mr Cì che parla delle sue (dis)avventure di mare tra un sigaro e una zivania non ha prezzo.